Da venerdì 12 a domenica 14 aprile ventisette giovani famiglie della Diocesi si sono ritrovate al santuario di San Giuseppe di Spicello per una tre giorni di esercizi spirituali sul tema dell’amore in famiglia. Ospiti dell’incontro don Egidio Tittarelli, don Marco Presciutti vicario generale della nostra diocesi e il vescovo Mons. Andrea Andreozzi, che ha concluso gli esercizi con la solenne celebrazione eucaristica vissuta insieme alla realtà dell’Istituto Santa Famiglia.
Bisogno di amare. Nella prima riflessione don Egidio ha posto l’accento sul bisogno di amare gli altri, ma solo dopo essere riusciti ad amare se stessi: «Serve un equilibrio che va cercato continuamente. Gesù ci chiede se davvero vogliamo guarire dai nostri mali, dalle nostre problematiche ed è Lui a fare il primo passo facendosi prossimo per la nostra salvezza. Non dobbiamo mai essere rassegnati, ma capaci di accettare le difficoltà confidando in Lui. Facciamoci avanti, rialziamoci, prendiamo in mano il nostro passato e partiamo, cercando di vedere l’altro, i suoi bisogni. Aiutiamoci a ripartire dalle difficoltà con energie nuove, quelle che il Signore ci dà tramite l’Eucarestia, la Parola e la fraternità. Nella Pasqua di Gesù Cristo tutto ritorna alla bellezza originale”.
Tre modi di amare. Don Marco ha proseguito la riflessione presentando i tre modi di amare: l’amore come eros, philia e agape. Il primo è un amore che ha bisogno dell’altro, di possedere l’altro. Se questo da un lato è segno di umana profondità, dall’altro è anche un limite: esso tende a fondere i corpi di due diverse anime, è un amore passionale che può cadere nella tentazione del possesso, dell’egoismo. L’eros non è una fase della vita, ma una dimensione da valorizzare nella sua parte bella, buona. La philia al contrario è un amore naturale, istintivo, che raccoglie più persone in un’unica anima, un amore senza limiti che guarda a un obiettivo comune, a un progetto insieme.
L’amore di amicizia ci fa uscire da noi stessi per andare verso l’altro senza ripiegarsi sui nostri egoismi. Infine l’agape è l’amore che ci dona Dio, è il dono disinteressato di sé, capace di offrire la vita per l’altro, per il suo bene. È l’amore di Dio aperto, disposto a perdere, che non chiede nulla in cambio ma che si dona all’interno di una comunità. L’agape e l’intreccio di tutte le dimensioni dell’amore.
Ci vuole tempo. Nella mattinata di domenica il Vescovo Andrea ha cercato di andare alle radici della festa e della celebrazione eucaristica, facendo riferimento alla Lettera Apostolica Dies Domini di Papa Giovanni Paolo II. Nel suo intervento ha commentato i cinque punti del documento pontificio del 1998: la domenica come giorno del Signore, di Cristo, della chiesa, dell’uomo, giorno dei giorni. Dopo aver raccontato quanto accadde a Troade, nel giorno del Signore, durante la celebrazione narrata dagli Atti degli Apostoli, il vescovo ha visto in Eutico, protagonista del brano, le fatiche di chi sta alla finestra e cerca di capire quanto avviene all’interno e all’esterno dell’assemblea che celebra. Il carattere domestico della chiesa delle origini risulta quanto mai attuale e necessario per restituire freschezza e gioia alle assemblee domenicali. A tal riguardo le famiglie che scelgono di andare a messa possono essere di grande aiuto. Per mantenere vivo l’amore occorre darsi del tempo e avere la sapienza e la capacità di ritrovare le sorgenti. La domenica – direbbe Qoelet – è darsi un tempo per amare, secondo la scelta e lo stile di ogni famiglia.
Gli esercizi si sono conclusi con un momento di fraternità e un pranzo comune e con il saluto e il ringraziamento da parte dei direttori dell’ufficio di pastorale familiare Carlo e Nicoletta Berloni e di tutta l’équipe.