Valerio Volpini
vent’anni dopo
La lezione del grande letterato fanese del Novecento che fu anche direttore
dell’Osservatore Romano e insostituibile collaboratore del Nuovo Amico
Fano
DI ANGELO SFERRAZZA
Vent’anni per la memoria sono tanti, ma possono anche non esserlo, se sono legati ad un evento straordinario, ma soprattutto ad una persona, come Valerio Volpini che ci lascia messaggi e una lezione di grande attualità.
Quercia. La prima è l’ancoraggio alla propria terra forte delle sue radici che gli erano state trasmesse da quella cultura non scritta, non detta, ma che erano alla base della sua sapienza. Come disse Carlo Bo nel ricordarlo ad un anno della sua morte «Volpini sarebbe piaciuto a Benedetto Croce per questo suo continuo rapporto con la piccola patria, con il territorio, col municipio». Radici potenti come una quercia. Non a caso è di Varerio Volpini, da Consigliere Regionale, la legge che tutela questa pianta. Appena ventenne sceglie la via della Resistenza perché, come disse ad un gruppo di giovani «dobbiamo dare una testimonianza che ha un valore morale e politico». Il suo percorso politico, culturale e religioso iniziato con la scelta resistenziale, si è concluso all’inizio del nuovo secolo facendo di lui un testimone ed un interprete dei grandi cambiamenti, della crisi degli anni Settanta, del triste tramonto dell’unità politica dei cattolici, da lui vissuta ed interpretata, con grande senso di responsabilità, come servizio e impegno personali.
Carlo Bo. Assieme alla politica fa un’altra scelta, quella culturale, laureandosi con Carlo Bo con una tesi su Paul Claudel. È il periodo straordinario della cultura francese, del cattolicesimo francese, di Jacques Maritain, di Mounier fondatore della Rivista Esprit, di Georges Bernanos, del poeta Charles Péguy. Una generazione, in quegli anni, senza “maestri”. Anche Volpini si cercò i “maestri” da solo: Maritain fra i primi, con il messaggio forte e affascinante di Umanesimo integrale. Libro che per molti di noi era terzo dopo il Vecchio e Nuovo Testamento! Il “sodalizio” di Volpini con Maritain sarà lungo fino a Le paysan de la Garonne, che denunciava il tradimento di molti e che Volpini riprese in Sporchi cattolici (1976) e l’anno successivo con Cloro al clero. Gli anni dal 52 al 57 sono ricchi e fertili di produzioni e fanno di Volpini uno scrittore a livello nazionale.
Giornalismo. Negli anni sessanta la sua attenzione è rivolta a fenomeni di costume, politici e ai grandi eventi religiosi. Sono gli anni del Concilio. Si impegna in prima persona in politica e dal ‘70 al ‘75 è Consigliere Regionale. Ma è il ’78 l’anno della grande svolta: Paolo VI lo chiama a dirigere L’Osservatore Romano. Lascerà l’incarico nel 1984. Servirà tre Papi. L’assonanza di fede e cultura con Paolo VI gli consentirono di fare grandi cambiamenti nel giornale, con qualche ostacolo e critica. Aprì il giornale alla cultura. Seguì Giovanni Paolo II in molti viaggi. Lo accolse a Fano in visita pastorale nell’agosto 1984. Lasciata la direzione ritorna a Fano e riprende a scrivere in vari giornali e riviste. Grazie a lui il settimanale Il Nuovo Amico delle diocesi di Pesaro e Urbino diventerà anche il giornale della diocesi di Fano. Muore l’11 gennaio del 2000. La lezione che ci lascia è quella di un raro uomo dei nostri tempi, intransigente, che non è mai sceso a patti e che nella parola scritta individua il mezzo per testimoniare la fede che è verità e libertà.