In occasione del 21 novembre, festa liturgica della Presentazione di Maria al tempio, la Chiesa celebra la “Giornata delle claustrali”, ovvero di coloro – uomini e donne – che vivono la propria consacrazione nella dimensione contemplativa.I temi che potrebbero essere messi a fuoco per accompagnarci a vivere questa giornata in verità sono molteplici. Il più evidente da considerare è il fatto che oggi i fedeli sono chiamati a “pregare per chi prega”, affinchè le mani di Mosè sul monte – elevate in preghiera – rimangano alzate e siano alleviate dalla stanchezza per l’intercessione dei fratelli. La vita contemplativa nella Chiesa vuole essere quindi uno “spreco di amore” per il Signore, questa ricerca incessante del suo volto, anche per tutti coloro che – pure – lo cercano ma non lo sanno, perché vivono l’inquietudine del cuore senza trovare la pace nell’abbraccio di Dio. Tantomeno sanno dare un nome al loro subbuglio interiore. I contemplativi sono la prova che Dio ancora non è stanco dell’uomo, segno che oltre le nuvole esistono le stelle che illuminano le nostre notti; apparentemente inutili e lontane anni luce, ma che se non ci fossero renderebbero il cielo un inquietante buco nero.
La mentalità mondana giudica inutile la presenza dei monasteri, al punto che si sente spesso affermare: “Che cosa stanno a fare quelle donne lì dentro? Non è meglio che vadano in missione o dove c’è più bisogno di aiuto?”, come se l’importante fosse più il fare che l’essere, più il produrre che il donare, tutto “più” che lo stare “sprecati” alla presenza di Dio, in adorazione della sua gloria. E questa mentalità cozza forte contro la provocazione di un monastero, che – nel suo semplice esserci nella chiesa – scuote e sfida le coscienza dell’uomo a porsi le domande autentiche della vita. E lo fa indipendentemente dal numero delle religiose che lo compongono. Che le comunità infatti siano numerose e prospere o numericamente più povere non ha importanza, perché ciò che conta è l’amore a Dio, vissuto fino alla consumazione della vita. Fino al suo “spreco”, appunto.
Un cuore che ama con “eccedenza d’amore”, lo fa totalmente e per sempre: dal “sì” pronunciato nell’entusiasmo e nella freschezza degli inizi, fino al sì maturo e provato dal tempo dell’anzianità e che proprio per questo diventa più apprezzabile. Il Papa dice: «Come uomini e donne che abitano la storia umana, i contemplativi, attirati dal fulgore di Cristo, “il più bello tra i figli dell’uomo”, si collocano nel cuore stesso della Chiesa e del mondo e trovano nella ricerca sempre incompiuta di Dio il principale segno e criterio dell’autenticità della loro vita consacrata». I contemplativi sono allora i testimoni di questa «ricerca sempre incompiuta di Dio e del suo volto, perché Dio – come spiega S. Agostino – lo si cerca per trovarlo con maggior dolcezza, lo si trova per cercarlo con maggior ardore».
Con quali sentimenti allora si può vivere questa giornata della vita contemplativa se non con quelli che esprimono due gratitudini al Signore? Un grazie per aver chiamato a sé dei fratelli e sorelle che giorno e notte suppliscano alla mancanza di preghiera che sale dalla terra e un altro per averne fatto dei servi inutili. Inutili per tutto ciò che qualcuno o il mondo oggi può ritenere importante. Simili alle stelle del cielo, che apparentemete non servono a nulla, ma a cui il teologo Von Balthasar dedica queste parole: «Quando dei cristiani pongono la domanda: A che cosa possono mai servire dei tranquilli monasteri? Allora domani altre persone porranno la domanda: A che cosa mai servono queste chiese e cattedrali, il cui mantenimento costa allo Stato tanto denaro? E altri dopodomani chiederanno: A che servono all’umanità poeti, artisti, studiosi, in un campo diverso dalla chimica e fisica? Non sono razionali, non ne abbiamo bisogno. E di questo passo anche le stelle finiranno per essere inutili!».
* Monache Agostiniane OSA – Urbino