Negli ultimi tempi, ascoltando i telegiornali e leggendo i giornali nazionali, mi sono imbattuto più volte nell’argomento carceri. Quello che più mi ha impressionato è ciò che accade in certi istituti e il solo leggerlo mi ha fatto accapponare la pelle.
Facendo un paragone con questo istituto di Pesaro, mi pongo una domanda: questo carcere è la regola o l’eccezione? Eh sì, perché, a parte il sovraffollamento (siamo in tre in celle da uno), non riesco a trovare similitudini con quei carceri-lager di cui i mass media parlano tanto. Durante la mia permanenza qui ho avuto modo di ascoltare la voce di detenuti provenienti da altre patrie galere ed è stato interessante notare lo stupore nel vedere le celle aperte durante le ore pomeridiane o il meravigliarsi del ricco elenco di generi di sopravvitto che si possono acquistare.
Poi ci sono vari corsi da frequentare; solo per citare i più recenti: edilizia, idraulica, falegnameria, giornalismo. Il carcere mette a disposizione degli amanti della lettura una biblioteca fornita di circa 8.000 libri, senza dimenticare che è possibile frequentare la scuola dell’obbligo.
Questa è solo una piccola parte di ciò che mi viene in mente. Non è una “sviolinata”, ma un dato oggettivo, sono dei fatti. Certo, le facce della medaglia sono sempre due e oggi voglio guardare quella positiva. Sì, è vero, ci sono molte altre cose che si possono migliorare, ma lamentarsi e guardare sempre quello che non funziona lo sappiamo fare tutti (e bene).
Per mia personale opinione, non è giusto nei confronti di chi si prodiga assieme alle associazioni di volontariato e che, senza soldi, ci mette volontà, umanità, oltre alla faccia, per rendere la nostra permanenza più confortevole. Mia nonna mi diceva sempre: «N’ te lamentà del brodo grasso!»
Alessandro