Eravamo appena usciti dalla seconda guerra mondiale ed il Paese si sforzava di superare la crisi e di porre rimedio agli enormi danni alle persone e alle cose che il conflitto aveva provocato, quando Pio XII indisse il Giubileo 1950.
Eravamo appena adolescenti quando papa Pio XII emanò la bolla pontificia Iubilaeum maximum a indizione del Giubileo Universale dell’Anno Santo 1950, con il titolo “L’anno del grande ritorno e del grande perdono”. Comunemente veniva detto “Anno Santo” e così lo chiamavamo anche noi giovanissimi perché – così ci era stato spiegato – non solo si inizia, si svolge e si conclude con solenni riti sacri, ma anche perché è destinato a promuovere la santità della vita. In tanti sostenevano tuttavia che l’Italia, distrutta dalla guerra, non fosse in grado di reggere una manifestazione di respiro mondiale. Noi ragazzi avevamo ancora in mente le immani devastazioni del conflitto, le distruzioni delle città, le vittime dei bombardamenti, a cominciare da quello di Urbania, i caduti in combattimento nei vari fronti e nella guerra civile, le persecuzioni degli ebrei, per non parlare della carenza di quanto necessario alla sopravvivenza.
Lungimirante intuizione. Pio XII intuì che la gente aveva bisogno di una guida verso la pace e il Giubileo, con il suo messaggio di riconciliazione e di speranza, fu un vero trionfo con oltre un milione e mezzo di pellegrini e, tra l’altro, contribuì a far conoscere le bellezze italiane all’estero, favorendo i primi boom turistici. Alla Carta del Pellegrino fu, in quell’anno, riconosciuto un valore pari al passaporto per l’Italia al fine di favorire l’arrivo dei pellegrini. Nell’Anno Santo Pio XII proclamò il dogma dell’Assunzione di Maria e canonizzò Maria Goretti. Il Giubileo fu considerato un evento in cui tutti ci sentimmo coinvolti positivamente.
A tutto campo. Noi giovani avevamo già avuto modo di apprezzare l’attivismo di Pio XII, che abbracciava un po’ tutti i campi, politica compresa. Prima del Giubileo, nel settembre 1948, a Roma si svolgono due grandi raduni dei rami giovanili dell’Azione Cattolica: prima quello dei cosiddetti “baschi ruggine” per celebrare il 30° anniversario della Gioventù Femminile, cui presero parte 100.000 socie, poi quello dei “baschi verdi” , per l’80° della Giac, cui parteciparono 300.000 giovani. Quei raduni, tipici dello stile dell’Associazione, assunsero nel contesto di quell’anno (ad aprile si erano svolte le elezioni politiche e la Democrazia Cristiana aveva conquistato la maggioranza assoluta dei seggi sia alla Camera sia al Senato), anche un significato sociale e politico che diede loro una grande notorietà anche nell’opinione pubblica non cattolica.
Da Urbino verso l’Urbe. Nei ricordi dei protagonisti di ogni parte e nelle parole degli organizzatori, riportate dalla stampa, emerge con chiarezza il carattere religioso delle manifestazioni. Assiepati nei vagoni di terza classe della linea ferroviaria Pesaro-Ancona-Roma anche noi di Urbino andammo in piazza san Pietro, dove si levò possente l’inno ufficiale di cui ricordo, più o meno esattamente, ancora una strofa:”Bianco Padre che da Roma /ci sei meta, luce e guida /, in ciascun di noi confida/, su noi tutti puoi contar. Siamo arditi della fede, siamo araldi della Croce, al tuo cenno, alla tua voce, un esercito ha l’altar…