La testimonianza di fede di mamma Michela al Nuovo Amico “Vorrei che tutti conoscessero l’amore di cui si è nutrita la mia famiglia grazie alla vita di mia figlia, dono di Dio”
Lo scorso 20 gennaio è tornata alla casa del Padre Daphne Carloni, una bimba di 9 anni affetta da una patologia molto rara. La sua storia ci era stata raccontata da mamma Michela nel 2017 sul Nuovo Amico e su Avvenire. Allora avevamo coinvolto la città e i colleghi del Resto del Carlino: ne era nata una gara di affetto e solidarietà enormi. Abbiamo chiesto a sua mamma di raccontarci la vita accanto a Daphne proprio in occasione della 47^ Giornata nazionale per la vita. questo perché siamo convinti che la morte non è l’ultima parola e che ogni vita, anche la più fragile, è degna di essere vissuta e amata.
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Mi viene molto difficile parlare di Daphne in questo momento, quasi come se tutte le parole non volessero uscire per proteggerla ancora una volta, come se la paura che lei non arrivi agli altri nel modo giusto mi trattenga i pensieri. Daphne è stato un dono, Daphne è il dono, e parlando di lei ho sempre cercato di fare capire questo a chi si avvicinava a noi con compassione e a chi usava parole come poverina. Daphne era una bambina speciale, è vero, e non bisogna avere paura di usare questa parola, come la usiamo (e il paragone non deve far sorridere) per un vino, per dire che è costoso e quindi ha un valore più alto rispetto agli altri vini. La lingua italiana va spiegata, sono un’insegnante e ci tengo ad arrivare a tutti senza essere fraintesa. In questi anni la parola normale non mi ha mai disturbata, anzi, un bimbo le ha dedicato un pensiero scrivendole proprio, Daphne eri una bambina normale, solo che non parlavi; la voce dei bambini è pura, innocente e questa parola normale, per me è puro amore. Ho dovuto invece, spesso usare il termine disabile, per spiegare che avevo bisogno di parcheggiare o per elemosinare una priorità; mi ha fatto male pronunciare questa parola, mi saliva tanta rabbia, perché il suffisso dis toglie e mia figlia non ha tolto nulla alla sua famiglia, non ha tolto quando sono stata lontana dagli altri miei figli, perché li ha fatti crescere migliori, non ha tolto quando le mie giornate erano solo per lei, perché io ho sentito tutto l’ amore che c’era e non mi sono mai sentita triste per non avere una libertà. In questi ultimi periodi Daphne aveva imparato a dirmi, a modo suo, che voleva che la portassi con me, se io avevo qualche impegno, a comunicarmi che non dovevamo lasciarla a casa. La sua presenza così viva ora è mancanza di ossigeno per tutti noi.
Daphne ero io, perché lei non poteva nulla senza me: ogni piccola cosa dovevo farla per lei, dai bisogni primari, vitali, ai piaceri, come lo è il gioco per un bambino. Ho acquistato tantissimi giochi, studiavo la notte, mentre aggiustavo i suoi parametri e mi scrivevo con qualche mamma che come me non dormiva, e insieme a lei mentre giocavo per lei, insieme a lei, tornavo bambina: pettinavamo le bambole, facevamo le bolle di sapone; Daphne aveva imparato a soffiarle da sola, ma faceva fatica, quando ci riusciva però i suoi occhi brillavano e la sua bocca mostrava quel sorriso che la contraddistingue e che vorrei avessero tutti i bambini del mondo.
Spesso noi genitori ci dimentichiamo di fare sorridere i nostri figli perché la carriera e il progresso, la tv, i social e il culto del bello, ci allontanano da ciò che invece è il senso della vita, che come diceva mio figlio, è invece l’amore, l’amore oltre tutto, il prendersi cura degli altri. Non ho mai maledetto nessuna fatica, perché accudire Daphne per me non è mai stato faticoso, era tutto così naturale e mi meravigliavo e soffrivo per come gli altri guardavano Daphne, quando vedevo che qualcuno si voltava o addirittura cambiava strada. Forse le persone pensano che una mamma non si accorga di questo, ma si sbagliano: io gli sguardi di pena, curiosità, a volte di ripudio, li ho visti tutti e mi sono sentita molto triste perché io Daphne non l’ho mai vista diversa dai suoi fratelli, ho sempre visto il suo splendore, non ho mai commiserato mia figlia e non mi sono mai vergognata di mostrarla, anzi ne sono stata sempre molto fiera. Mi sono sentita fortunata ad averla, l’ho ringraziata tante volte sulla mia pagina fb, per avermi scelta per essere la sua mamma. Lei mi ha portato nel suo mondo fatto di speranza, di lotte, di oggi ce l’abbiamo fatta, di domani vedremo, di ora Daphne sta bene pensiamo a tuo figlio/ figlia; un mondo fatto di canzoni, balli leggeri, passi a due, un mondo di gioia, quella gioia che ammiriamo sui dipinti dove gli angeli celesti sono raffigurati in pace, un mondo fatto di mamme che si tendono la mano e papà che si danno la pacca sulla spalla, un mondo di passeggini e carrozzine colorate che vengono spinti in lunghi corridoi con la forza di chi sa che sta sorreggendo il mondo. Mi hanno sempre fatto rabbia certi spot televisivi, perché non è vero che le mamme dei bambini speciali sono mamme che piangono disperate. Le mamme e i papà di questi bambini sono pieni di speranza, pieni di forza e sanno ridere tanto. Perché è così: vorrei che capiste che questi bambini non ci tolgono ma ci danno tanto, prima di tutto il loro amore. Ci permettono di salire sul gradino più alto del podio e ci fanno fare spallucce quando qualcuno si lamenta per le cose futili della vita; questo non significa voler essere superiori agli altri, ma far comprendere che c’è qualcosa di immenso, una forza molto più grande di noi che ci permette di andare avanti guardandoci indietro, per capire che tutto ciò che abbiamo superato ci darà la forza per diventare migliori e per affrontare ogni difficoltà.
Vorrei che passasse tutto l’amore di cui si è nutrita la mia famiglia con l’arrivo della nostra bambina, vorrei che si parlasse di lei come di quell’ angelo biondissimo e del suo splendido sorriso volto al Cielo, la fatica più grande che ho dovuto affrontare è stata far comprendere alla burocrazia che ogni bambino comunica e lo fa a suo modo, con la parola, dove è possibile, con i gesti, dove riesce, con gli occhi, se può guardarti, con i suoi parametri vitali, se sappiamo ascoltarli, con il saturimetro o il ventilatore che emettendo suoni ci fanno capire che la mamma si è allontanata…
Vorrei che il ricordo di Daphne rimanesse vivo in ogni persona che ha potuto incontrala, in chi l’ha potuta toccare e vivere, in chi ha sentito parlare di lei, in chi ha pregato per lei, in chi ha compiuto gesti nei suoi confronti. Vorrei che ogni mamma possa avere una famiglia per accogliere qualunque figlio il Signore gli doni e che sappia che non ci sono bambini di serie A e bambini di serie B ma ci sono bambini che chiedono amore e tutti nello stesso modo.
Mi rivolgo a chi mette carte e firme avanti tutto senza appoggiarsi una mano sul cuore: mi avete tolto energie e tempo a mia figlia, questa è l’ unica cosa che mi fa tanto male, sapere di aver dovuto usare la mia forza per combattere contro le istituzioni e contro uno stato che ancora oggi mi sta mettendo a terra pignorando i conti e cose di mia proprietà e invece di lasciarmi in pace con il mio dolore per la perdita di mia figlia, mi fa capire che mentre tutto per me ora è fermo, mentre tutto ha sapore di etereo e divino e mentre il mio corpo mi sta chiedendo di riposare, io devo alzarmi e tornare in quegli uffici per sistemare la situazione economica della mia famiglia. Perché in questi nove anni avevamo da pensare a tenere in vita la nostra bambina e non a pagare multe. In questo momento un pensiero del genere mi fa sentire così piccola e in colpa perché questi pensieri che ancora una volta mi allontanano dalla bellezza smisurata di mia figlia, dal suo sorriso, dalla forza che mi ha trasmesso per sopravvivere alla perdita del fratello quando, se mi vedeva piangere, piangeva anche lei fino a farsi mancare ossigeno, così io mi distraevo dal mio dolore e la ventilavo riportandola ai giusti valori di saturazione.
Oggi desaturo io perché mi manca l’aria senza lei, e di tutta questa libertà non me ne faccio nulla, perché io accanto a lei mi sono sempre sentita bella e quando il mondo di oggi ci insegna che una mamma deve prendersi i suoi spazi, io ringrazio me stessa per tutte le volte che ho scelto Daphne invece di me, perché scegliere Daphne oggi mi permette di essere ancora viva e di portare a tutti quel messaggio che mia figlia ha trasmesso per nove anni a chi ci è stato accanto. Daphne era meraviglia, si meravigliava e sapeva fare meravigliare. Daphne era luce, Daphne era il mio Sole, e di quel sole oggi voglio nutrirmi.
*Mamma di Daphne, Nicholas, Pamela, Diletta, Martina.