A San Francesco si è tenuta una conferenza sulla pace, animata dall’avv. Laila Simoncelli, con una riflessione su: “Costruire ponti e lenire ferite: artigiani ed architetti di pace”. Erano presenti: l’Arcivescovo, un rappresentante del Patriarcato di Costantinopoli, nonché una delegata della Chiesa valdese
Come si costruisce la pace? E’ stato questo il filo conduttore dell’incontro dei giorni scorsi, nella chiesa di San Francesco, promosso dalla rete urbinate di varie associazioni che fanno capo alle Acli, centro universitario “Don Italo Mancini”, dal titolo: “All we need is Peace” (tutto quello di cui abbiamo bisogno è la pace). Erano presenti qualificati rappresentanti di varie confessioni cristiane. Calorosa e dettagliata è stata la relazione su: “Costruire ponti e lenire ferite: artigiani ed architetti di pace”, dell’avv. Laila Simoncelli, Responsabile Generale del Servizio Diritti umani e Giustizia c/o le Nazioni Unite, per l’associazione Papa Giovanni XXIII. La relatrice ha un bagaglio molto ricco su questo tema per aver compiuto anche missioni operative in Niger, Camerun, Grecia e Libano, nonché per essere coordinatrice della campagna “Ministero per la Pace”.
Laila Simoncelli ha sottolineato la necessità di trasformare i conflitti, in opportunità di pace che è il sogno di Dio per l’umanità. E questo a partire dal governare noi stessi nelle relazioni a livello individuale, collettivo e internazionale. «La vita dell’altro», ha detto la relatrice, «vale quanto la nostra. Quanto accade all’altro ha anche delle ricadute su di noi. Nessun individuo può essere irrilevante per gli altri. La convivenza civile fino al 1945 era legata al paradigma dell’ “homo homini lupus”, ovvero dominava la concorrenza predatoria, la sopraffazione, la prepotenza, il rapporto di forza, l’odio, lo scontro. Dopo la seconda guerra mondiale le Nazioni Unite riconoscono la fraternità universale, ovvero l’importanza della convivenza. La fraternità ci rende custodi dell’altro. Da tutto questo deriva il grande tema della pace come fraternità universale praticata».
Il Ministero della Pace. In passato c’era il Ministero della Guerra, poi quello della Difesa. Questo non è più sufficiente. Più guerra vuol dire meno democrazia il cui obiettivo è contrastare la concentrazione del potere e dominare la violenza attraverso le regole, come la divisione dei poteri, il rispetto dell’altro, la libertà di opinione, l’importanza del dissenso. il perseguimento del bene comune. «L’uomo ha sempre organizzato la guerra, è arrivata l’ora di organizzare la pace» diceva don Oreste Benzi. Attorno a questo anelito, è nato da tempo un progetto che propone un nuovo Ministero, quello della Pace. La storia è ricca di testimoni di pace tra cui: Gandhi, Martin. Luther King, Dietrich Bonhoeffer, Massimiliano Kolbe, Oscar Romero, Madre Teresa di Calcutta. «Dobbiamo essere carne fraterna», ha sottolineato Laila Simoncelli, «come deterrente all’uso della violenza, così come organizzare l’accoglienza di chi ha perso tutto e scappa dalle bombe. Solo il lavoro costante per la pace rafforza la resilienza della collettività. E’ il tempo di rafforzare i legami e le pratiche solidali, nonché adoperarsi con le amministrazioni locali per declinare sul territorio l’architettura pensata per il Ministero della Pace, chiedendo l’Assessorato alla pace a livello regionale e nei comuni dove abitiamo». In definitiva tutti sono stati invitati a fare la propria parte, ad essere speranza per gli altri, a fermare le metastasi dell’odio, a costruire occasioni di incontro, ad esercitarci alla non violenza, a diventare artigiani e architetti di pace, a fare memoria della storia per farla conoscere, a pianificare politiche di non conflitto in famiglia e nel territorio