L’Istituto Alberghiero ‘Santa Marta’ di Pesaro ha organizzato, per la fine dell’anno scolastico, un torneo interno di calcio. Promotrice dell’iniziativa la professoressa di Scienze Motorie Elisa Cavalli, coadiuvata dal docente di Sostegno Giacomo Cenci, i quali hanno invitato tutte le classi dell’istituto ad iscriversi, riscuotendo un’adesione straordinaria. Hanno risposto all’appello ben 24 classi, dalle prime alle quinte, che si sono sfidate in partite ad eliminazione diretta nella giornata di mercoledì 29 maggio scorso. Palcoscenico del torneo la palestra della scuola, seguendo un regolamento ibrido tra Calcio a 11 e Futsal. Venerdì 31 maggio le sei migliori squadre si sono misurate tra loro e le tre vincitrici hanno disputato le semifinali, fase in cui è scesa in campo un’altra compagine: quella dei docenti! Una squadra, questa, composta da otto professori, due professoresse e un componente della Segreteria amministrativa, animati dalla voglia di educare giocando. Sul solco dell’eredità di grandi pedagogisti come Don Milani e Paulo Freire, gli insegnanti della scuola hanno voluto letteralmente mettersi in gioco condividendo con i propri studenti un’esperienza ludica e formativa che li ha visti in una posizione di parità. Il torneo è stato vinto dalla classe 4B, al termine di una finale vibrante contro la 5F. Palestra gremitissima e punteggio di 2 a 2 al termine dei tempi regolamentari: per alzare la coppa al cielo sono stati necessari i tiri di rigore. E per approfondire questo originale evento, abbiamo incontrato i due docenti – Cavalli e Cenci – che hanno scommesso, vincendola, la sfida di creare aggregazione nella comunità scolastica
Come è nata l’idea di questo torneo?
Sostanzialmente dalla volontà di andare incontro al desiderio dei ragazzi di cimentarsi in qualcosa di vicino alle loro attitudini. Non è semplice organizzare momenti come questo in una scuola, e lo è ancora di meno in un istituto professionale.Quando vengono coinvolti tanti ragazzi in un contesto meno rigido e strutturato come un incontro sportivo, i rischi che qualcosa sfugga di mano aumentano, motivo per cui spesso si preferisce rimanere entro gli schemi di attività consolidate. Il gioco del calcio da sempre unisce tutti: i nostri ragazzi hanno avuto modo di sperimentareun’attività che davvero ispiri uno stile di vita positivo fatto di altruismo, fair play, competizione sana, rispetto e amicizia. D’altro canto, è in attività di questo tipo che emerge il vissuto più profondo di un gruppo-classe, inclusi quelli che possono essere i conflitti latenti, che in campo devono essere gestiti per raggiungere, tutti insieme, l’obiettivo della vittoria. Condividere momenti come questi permette di confrontarsi indirettamente con la società acquisendo i principi fondanti dello stare insieme, della condivisione e del rispetto delle regole.
Cosa funziona maggiormente per una migliore qualità della vita scolastica?
Nel nostro contesto scolastico l’empatia è sicuramente il fattore che più incide nei rapporti con gli studenti e questo si ripercuote inevitabilmente sulla qualità della vita scolastica. L’ascolto e la collaborazione contribuiscono a creare un sistema di interconnessioni tra gli studenti, i docenti e tutto il personale scolastico. È fondamentale costruire un’identità chiara di chi siamo e cosa ci prefiggiamo, in modo che ognuno si senta coinvolto in un progetto che mira alla crescita umana di tutti. Un’unità di intenti nel rispetto dei rispettivi ruoli. Cosa chiedono maggiormente gli studenti e le studentesse agli ‘adulti’ della scuola (docenti, personale, dirigenti…)?
Anzitutto di essere ascoltati e hanno bisogno più che mai di qualcuno che creda in loro e gli attribuisca fiducia, in modo che possano dimostrare di meritarla. I ragazzi devono avere la percezione che ciò che fanno a scuola ha un senso per la loro vita, altrimenti vivono il percorso scolastico come costrizione e non come opportunità. A tal fine, devono essere coinvolti e valorizzati, sentirsi protagonisti del processo educativo. Nei ragazzi c’è un bisognoprofondamente umano di cura e di condivisione, sia quando si fanno notare sonoramente, sia quando si impegnano per “strisciare nell’ombra”. Gli studenti, anche quando non trovano le parole giuste per dirlo, chiedono di essere riconosciuti per ciò che sono, non solo per ciò che “rendono”; chiedono di essere coinvolti nella vita della scuola e si mostrano partecipi quando si accorgono di essere parte di una comunità, in cui in fondo trascorrono buona parte della loro giornata e della loro giovinezza. Dagli adulti gli studenti si aspettano coerenza nei comportamenti. Diversamente da quello che si può pensare, in realtà i nostri ragazzichiedono maggior rigore e che vengano trasmessi loro esempi e modelli positivi da seguire a fronte di una società che spesso non riesce a promuoverli. Quando si scoprono accolti, anche attraverso i rimproveri nella coerenza, costruiscono la propria personalità e umanità e tirano fuori man mano il proprio potenziale, ciascuno secondo la propria misura.
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