Il neo arcivescovo di Pesaro Sandro Salvucci è stato ordinato da mons. Piero Coccia lo scorso 1° maggio.
Ti lascio una Chiesa che ama il suo pastore
Pesaro – Rivolgo un affettuoso saluto a tutti i presenti, a tutto il popolo di Dio che è in Pesaro, ai confratelli Vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi, alle Religiose, ai Religiosi, alle consacrate e ai consacrati. Saluto con animo deferente tutte le autorità militari e civili. Un saluto benaugurante lo esprimo all’Arcivescovo Sandro mio successore nella cattedra di San Terenzio e a cui mi legano sentimenti di stima e di sentita amicizia.
Gregge. La ricca e suggestiva liturgia odierna dell’ordinazione episcopale che stiamo vivendo, offre formidabili riflessioni sulla natura dell’ordine sacro dell’Episcopato e sul ministero del Vescovo. In questo contesto la parola del Signore ora ascoltata ed interiorizzata, si pone come significativa ed impegnativa nel delineare la figura del vescovo quale pastore del gregge chiamato a vivere e a far vivere la triplice esperienza della contemplazione, della comunione obbediente, della missione apostolica per la comunità. San Giovanni nell’Apocalisse ha una visione che lo porta a contemplare “l’Agnello che è stato immolato e che è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, gloria e benedizione”. Se la vita del credente è animata dalla contemplazione orante, tanto più quella di un vescovo che fa della preghiera la sua arma vincente nell’esercizio del suo ministero. È nella preghiera personale e liturgica che un pastore trova la forza per vivere in pienezza la sua missione. È nella contemplazione del volto dell’Agnello che un pastore trova
la chiarezza ed la fermezza per l’esercizio del proprio ministero. È nella contemplazione del Cristo che il vescovo trova l’illuminazione per le scelte da fare per il bene della comunità. Scelte a volte difficili. Ed è proprio nella contemplazione del Risorto che il vescovo trova la serenità ed il conforto di tutta la sua azione di pastore che prevede tante soddisfazioni ma forse anche qualche incomprensione. Anche a te caro Arcivescovo Sandro non manchi mai e poi mai l’esperienza quotidiana della contemplazione profonda del volto del Signore che ha il potere di illuminare, di consolare e di provocare.
Comunione. Gli atti degli Apostoli focalizzano un’altra dimensione della vita del pastore: quella della comunione obbediente. Il testo ci racconta della difficoltà incontrata dagli apostoli nell’annuncio della risurrezione del Cristo. Ma ci riferisce anche della presa di posizione di tutto il collegio apostolico allorché, per bocca di Pietro, così si esprime: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”. Il testo aggiunge che gli apostoli dopo la flagellazione se ne andarono “lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”. Questo episodio è di grande monito per ogni credente ed ancor di più per un pastore che sa che ciò che conta in maniera assoluta ed indiscussa, è fare l’esperienza di comunione con il Signore attraverso l’obbedienza. L’esperienza insegna che a volte, a motivo della fragilità umana, l’obbedienza al Signore non viene vissuta in maniera così decisa e determinata. Tanti fattori umani a volte possono ostacolare l’ob-audio e quindi impedire la comunione con il Signore. Un pastore non è esente da questo rischio. Anzi! Caro Arcivescovo Sandro nel tuo ministero ti guidi sempre la certezza che la missione del vescovo è quella di fare la volontà del Signore. Essa sempre si presenta frammista a fattori umani. A te dunque il discernimento sotto l’azione dello Spirito. Ma a te anche indiscutibilità della scelta come gli apostoli, per bocca di Pietro, insegnano: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”.
Pastore. La vita di un pastore è segnata oltre che dalla contemplazione del Signore, dalla comunione obbediente con lui, anche dalla missione di curare il popolo di Dio. Il vangelo di Giovanni ci ha ricordato la manifestazione del Risorto sul lago di Tiberiade, connotata dalla cosiddetta pesca miracolosa e del mandato da parte del Risorto a Pietro, dopo averne saggiato l’amore fedele, di pascere il gregge. Sant’Ambrogio diceva che il gregge ha sempre bisogno del pastore e viceversa. Sulla stessa lunghezza d’onda si pone l’insegnamento di Sant’Agostino. La coscienza di questa responsabilità apostolica non può mai e poi mai mancare ad un vescovo che è tale per quella porzione di popolo a lui affidata. Da questa coscienza nasce la convinzione di un pastore di dedicare tutta la sua persona e tutta la sua vita alla comunità a lui affidata, evitando calcoli di vario tipo. Del resto la ricca simbologia nunziale della tradizione biblica, ricorda ad ogni pastore l’impegno della fedeltà e della responsabilità a tutto campo verso la sua comunità. È questa responsabilità, come insegna Papa Francesco, che pone il pastore davanti al suo gregge per indicarne la strada, in mezzo per essere elemento di comunione e di coesione, dietro per aspettare ed incoraggiare chi si attarda.
Caro Arcivescovo Sandro la tua ricca esperienza di presbitero connotata da numerosi servizi che ti sono stati chiesti, ti ha consentito di comprendere come nella chiesa nell’assumere un incarico siano necessari chiara motivazione, forte passione e totale dedizione. Solo così si costruisce in maniera solida e duratura la comunità la quale va amata totalmente e appassionatamente, pur con lo stile connaturale a ciascuno.
Conclusioni. Caro Arcivescovo Sandro ti lascio una chiesa che mi ha molto impegnato in diciotto anni di ministero silenzioso e laborioso. Ma ti lascio anche una chiesa che ama il suo pastore e che con lui guarda al suo futuro con esemplare disponibilità per affrontare le sfide che l’attendono.
In questo cammino che oggi inizi come guida e pastore, ti accompagnino la Beata Vergine delle Grazie, San Terenzio e l’affetto dell’intero popolo di Dio che è in Pesaro. Sia lodato Gesù Cristo!
DI MONS PIERO COCCIA Amministratore Apostolico di Pesaro Omelia in occasione dell’Ordinazione episcopale di S.E. Mons. Sandro Salvucci Pesaro, Cattedrale – Basilica, 1 maggio 2022