Sono diventata scout il 9 luglio del 1979, giorno in cui ho fatto la mia promessa. A quel tempo vivevo a Milano e la sede del mio Gruppo Agesci era piena di vecchie fotografie in bianco e nero, un po’ sbiadite. Foto che ricordavano tempi passati, ma che mantenevano lo stesso fascino avventuristico di cui è ancora impregnato lo scautismo attuale. Così sono cresciuta in un ambiente che, nonostante il passare del tempo e l’adeguamento delle azioni metodologiche-educative alle esigenze moderne, ha mantenuto tradizioni, ricordi e linguaggi riconducibili a tutti gli scout Italiani al di là del tempo e dello spazio. Ma questa non è solo la mia storia.
Storia. Tutti abbiamo una vecchia fotografia in mente, appesa in una delle nostre sedi, tutti abbiamo quel canto intorno al fuoco e tutti, ma proprio tutti, dal più piccolo (lupetto o coccinella) al più grande, sappiamo chi sono state le “Aquile Randagie” e lo sappiamo perché con orgoglio parliamo di loro empatizzando con la loro storia come se davvero fossero ancora tutti qui. Così possiamo immaginare come si possano essere sentiti nel 1927, quei ragazzi, scout italiani, che furono costretti dal regime fascista, a sciogliere i loro gruppi, a rinunciare ai loro ideali con l’invito di confluire nell’ONB (Opera Nazionale Balilla). Possiamo condividere la loro rabbia e il coraggio con cui tre di loro, Kelly (Giulio Cesare Uccellini), Baden (don Andrea Ghetti) e suo fratello Cicca (Vittorio Ghetti), sapendo di poter contare sull’appoggio di molti altri compagni scout, decisero di non assoggettarsi al regime e continuare a vivere l’avventura dello scautismo in clandestinità, fondando a Milano le “Aquile Randagie”, nel 1929. “Non è possibile accettare queste condizioni, non importa se non potremo avere una sede, ma vogliamo essere liberi di vivere il nostro scoutismo…”
Clandestinità. Erano inizialmente venti ragazzi tra gli undici e i diciassette anni, si cambiarono il nome, per nascondere la loro identità, da lì Kelly, Baden, o nomi di animali come Aquila rossa, Volpe azzurra e tanti altri. In clandestinità vissero le loro esperienze scout, i campi come quelli in Val Codera, o il servizio ai bisognosi che li vedrà, nel 1943, con la loro organizzazione OSCAR (Opera Scautistica Cattolica di Aiuto ai Ricercati) impegnati a salvare moltissimi prigionieri ed ebrei attraverso la fuga sulle montagne verso la Svizzera. Il fascismo nonostante la persecuzione, non minò il loro senso appartenenza agli ideali scout, come si può evincere dalle parole del Capo Reparto Uccellini, detto Kelly a conclusione della prima riunione clandestina: “Non è giusto, e noi non lo accettiamo, che ci venga impedito di vivere insieme, secondo la nostra legge: legge di lealtà, di libertà, dì fratellanza. Noi continueremo a fare del nostro meglio per crescere uomini onesti e cittadini preparati e responsabili. Noi continueremo a cercare nella natura la voce del Creatore e l’ambiente per rendere forte il corpo e il nostro spirito”. Fu quello l’inizio della “Giungla Silente”, il periodo della clandestinità.
Riconoscenza. L’opposizione delle Aquile Randagie al regime fascista fu una logica conseguenza dell’espressione della vita cristiana, dell’affermazione della dignità e della libertà dell’uomo, della convivenza pacifica, rispetto all’imposizione di un sistema basato sulla privazione di questi valori e sull’esaltazione della violenza, della forza e della disuguaglianza. Come possiamo non ricordarli con immenso affetto e gratitudine. Anche il nostro presente continua a parlare di loro attraverso i luoghi che hanno frequentato e che noi continuiamo a frequentare, attraverso i canti e le tradizioni che ancora ci piace ripetere. La nostra Zona vuole raccontare la storia di questi ragazzi alla cittadinanza. Le occasioni saranno molte come indichiamo in pagina.