Appena ho appreso la notizia della morte di Papa Francesco i miei occhi si sono riempiti di lacrime: la Chiesa e il mondo perdono una voce profetica, a volte scomoda, ma profondamente fedele all’uomo e fedele al Dio di Gesù Cristo. Rivedendo le immagini della sua ultima apparizione in pubblico durante la benedizione “Urbi et Orbi” del giorno di Pasqua, e il giro che ha voluto fare in mezzo ai fedeli di piazza San Pietro con la papamobile, ho pensato che in questo gesto estremo di vicinanza alla gente e all’umanità intera egli, visibilmente sofferente, abbia voluto dire il suo: “Tutto è compiuto!” (Gv 19,3) secondo le parole pronunciate da Gesù sulla croce prima di consegnare lo spirito. Se c’è un’immagine che mi viene in mente e che meglio traduce la vita e l’insegnamento di Papa Francesco è quella di lui che si china a lavare i piedi ai carcerati e agli ultimi. Parafrasando quanto Gesù ha fatto nell’Ultima Cena lavando i piedi ai suoi discepoli, possiamo dire che il Papa ci ha dato l’esempio perché come ha fatto lui facciamo anche noi (cfr. Gv 13,15). Non è un caso che la sua prima uscita da Papa fu a Lampedusa e l’ultima, dello scorso giovedì santo, nel carcere di Regina Coeli. Non finiremmo mai di ringraziarlo per la sua vita, specchio fedele del Vangelo. Ecco, il Vangelo: è questa l’eredità che ci lascia in consegna. Tocca a noi prenderlo in mano e tradurlo in vita.
Grazie, Papa Francesco. Continueremo a pregare per te, come sempre ci hai raccomandato.
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