Nel centenario della creazione del celebre istituto, c’è chi pone il problema del completamento dell’edificio sia per ragioni estetiche sia per dare agli studenti gli spazi necessari per la loro formazione
Parlare della Scuola del Libro di Urbino, di cui quest’anno si celebra il centenario e la cui istituzione dagli anni Venti in poi ha consentito la formazione di incisori di fama internazionale nonché di maestri legati all’arte della tipografia, della legatoria artistica e del restauro del libro oltre che del cinema d’animazione, ha, per gli urbinati veraci, lo stesso significato che disquisire sull’esistenza di un “monumento” che va preservato nel tempo per la sua funzione culturale. Specie quest’anno che la galleria nazionale delle Marche sta dedicando una mostra fotografica all’attività architettonica di Giancarlo De Carlo, autore del progetto del nuovo istituto, oggi ribattezzato liceo artistico, che, dal 1983, svetta a Villa Maria.
L’ennesima incompiuta. La struttura, infatti, chiede di essere portata a termine sia per la sua valenza artistica sia per motivi pratici nell’interesse di quanti la frequentano. Si sta perpetrando un’ennesima incompiuta, a suo tempo temuta dallo stesso De Carlo, e confermata già 34 anni fa con una lettera resa pubblica dall’ex segretario della scuola, Giuliano Donini. Nella missiva si cita la presenza di nove miliardi di lire da destinare al completamento dell’opera, somma poi sparita all’improvviso finendo verso altri lidi. La richiesta di finanziamento parte dal Comune nel marzo 1986 con destinazione la Cassa depositi e prestiti e, secondo la premonizione dell’architetto, la richiesta andava appoggiata da tutte le forze culturali e politiche della città.
Incrollabile speranza. La speranza è ora quella di trovare, tra le pieghe di una legge destinata all’edilizia scolastica o altrove, quei fondi necessari per il completamento dell’istituto senza alterazioni del progetto originario. Con la nuova sede della scuola si chiuderebbe, tra l’altro, il cerchio di un fecondo sodalizio tra Carlo Bo e l’amico Giancarlo De Carlo, durato oltre 40 anni. E’ il 1952 quando il rettore chiama l’architetto ad Urbino per ristrutturare la vecchia sede universitaria e renderla adeguata al suo ruolo. Seguirono i piani regolatori, i collegi universitari, le facoltà di Magistero e di Giurisprudenza. E’ un’intesa senza ostacoli e per De Carlo la città diventa laboratorio di sperimentazione di architettura ed urbanistica. Questo rimane attivo fino al 1994 con l’eccezione del 1973 quando il progettista va ad operare a Siena.
Impegno comune. E’ risaputo che ci sono da superare tanti ostacoli ma lasciare l’edificio nella indeterminatezza significa servirsi ancora di succursali per la mancanza di spazi e, soprattutto, non rendere giustizia a chi, in era moderna, ha lasciato un segno nella storia feltresca. Va ricordato che nell’edificio di Villa Maria De Carlo ha sperimentato, dal punto di vista progettuale, l’utilizzo di nuovi materiali oltre ad avere trasformato gli spazi in luoghi dove le persone devono sentirsi bene fino a convertirli in posti a cui dare identità. L’anno del centenario deve essere occasione per impegnare tutti, amministratori, politici, personalità della cultura ed anche i cittadini, al fine di riuscire a completare l’edificio.