Ricorrono quest’anno i 450 anni della morte del celebre urbinate che ha svolto un ruolo fondamentale nel ‘500 nello riscoprire i classici della cultura greco-ellenistica che tradusse con adeguati commenti, utilizzati poi dai posteri.
La comunità scientifica (speriamo anche Urbino), ricorda quest’anno l’opera di studioso dell’urbinate Federico Commandino a 450 anni dalla morte. E’ vissuto tra il 1509 ed il 1575 ed è stato filologo, medico e matematico, nonché umanista e tipografo, lasciando un segno indelebile nel ‘500 quale pioniere della riscoperta dei grandi classici della matematica antica risultati poi di grande utilità ai fondatori della matematica moderna.
Le opere recuperate. I testi da lui riportati alla luce sono quelli risalenti alla cultura greco-ellenistica di cui si erano perse le tracce; il Commandino li ha rimessi in circolo con traduzione ed adeguati commenti. Questi ultimi costituiscono, infatti, la prova di una elaborazione originale, tanto è vero che i contemporanei e i discepoli ne apprezzarono le soluzioni e le teorie. Precoci furono i suoi interessi per Euclide, di cui doveva divenire il traduttore e “restauratore” per eccellenza, tanto che la versione degli “Elementi” euclidei redatta dall’urbinate resta ancora oggi un fondamentale testo di riferimento per gli studiosi e fino alla metà dell’800 venne più volte riedito a Napoli, Londra ed altrove. L’edizione delle “Coniche” di Apollonio verrà poi usata da Keplero. Commandino prolunga, inoltre, l’opera di Archimede dimostrando per primo in epoca moderna la posizione del baricentro di un solido che il matematico e fisico di Siracusa aveva solo enunciato. Ci ha inoltre restituito una pregiata opera d’astronomia: “Analemma” di Tolomeo. Traducendo elaborò anche la nuova terminologia scientifica latina e volgare. Per questo suo infaticabile impegno di ricercatore, traduttore, emendatore e commentatore delle opere dei matematici dell’antichità venne incasellato come “matematico umanista”. Terreno fertile per gli studi il Commandino lo trovò all’interno della famiglia tradizionalmente al servizio dei duchi di Urbino. Il padre, Giovan Battista, architetto militare, venne incaricato da Francesco Maria I Della Rovere di costruire la nuova cinta muraria della città, mentre suo nonno era stato compagno d’armi di Federico da Montefeltro.
Medico e matematico. Da giovane puntò prima di tutto sulla medicina studiando all’Università di Padova e poi di Ferrara e laureandosi con il famoso medico e botanico Antonio Brasavola. Nel 1546 è ad Urbino dove esercita la professione: tra i suoi pazienti figura il duca Guidubaldo secondo. Trova anche il tempo di sposarsi con Girolama Bonaventura, dalla quale ha tre figli: due femmine ed un maschio che muore però precocemente così come prematuramente se ne andò la consorte. Meno di venti anni ed abbandona la medicina “trovandola fra le arti fallacissima” per approdare alla matematica. Ad Urbino fondò anche una scuola ad essa dedicata che ebbe tra i suoi allievi Torquato Tasso, Bernardino Baldi e Guidobaldo Dal Monte, uno dei più famosi matematici del suo tempo. Fu anche editore per poter divulgare le opere greche riportate alla luce. Allestì una tipografia che non poté dirigere per molto tempo per sopravvenuto decesso lasciando la gestione alle figlie Lorena e Olimpia.