Incontro diocesano per le famiglie, cui hanno partecipato fidanzati, sposi, conviventi, giovani, animati dal desiderio di ritagliarsi uno spazio di riflessione e condivisione
Grande partecipazione di sposi, di giovani, di fidanzati, di conviventi, di consacrati, all’incontro diocesano per le famiglie, sul tema: “la tenerezza ed il suo linguaggio”, tenutosi nei giorni scorsi, nella ex chiesa accanto al Santuario del Sacro Cuore di Gesù a Ca’ Staccolo. L’organizzazione è stata promossa dall’Ufficio per la pastorale familiare della nostra Arcidiocesi, guidato da Mercedes e Tony. Ha animato l’incontro don Carlo Rocchetta del centro familiare “Casa della tenerezza” di Perugia. Già l’immagine del tavolo di presidenza, formato da un sacedote e da una coppia di laici, è stata di per sé molto simbolica ed evocativa, ovvero ha evidenziato che occorre darsi la mano a vicenda, operando in profondità e in modo maturo sulle motivazioni e sulle eventuali difficoltà che si possono incontrare nel cammino matrimoniale.
Don Carlo Rocchetta Ad un certo punto del suo impegno ministeriale ha sentito il forte desiderio di dedicarsi totalmente alla famiglia ed in particolare alle coppie in crisi, ai coniugi soli o separati. E’ stata una vocazione particolare che lo ha portato a lasciare gli impegni accademici, per dedicarsi totalmente a questa missione. Attualmente è assistente spirituale del centro familiare “Casa della tenerezza” di Perugia che si occupa delle coppie in difficoltà, della formazione alla vita coniugale e dello studio sulla teologia del matrimonio e della famiglia. Proprio per queste sue specifiche competenze è stato invitato a relazionare sul “ linguaggio della tenerezza “, dal parroco don Pietro Pellegrini, sotto la cui sapiente regia si sono svolte tutte le fasi del programma. «La tenerezza», ha detto don Carlo Rocchetta, «è il cuore dell’amore nuziale, è sensibilità affettiva, nonché denota fortezza d’animo ed é il paradigma dell’amore coniugale, ovvero il sentirsi speciali l’uno per l’altro. A scanso di equivoci va subito distinta dal tenerume che è simboleggiato da smancerie, sdolcinatezze ed è legato ad un fatto emotivo».
Il linguaggio nella coppia. «Quello negativo», ha sottolineato don Carlo è rappresentato da: l’asprezza, ovvero quando la relazione è brusca e sgradevole; il disprezzo, ossia quando ognuno dà una valutazione negativa dell’altro; il muro, allorché si chiudono i canali di comunicazione; la freddezza emotiva, quando predomina nella coppia il disinteresse e quindi si cercano alternative. I segnali sono la solitudine, la monotonia, la competizione conflittuale, l’intimità insoddisfacente ed il vuoto spirituale. Dall’idealizzazione iniziale la coppia spesso passa alla fase del realismo, ossia i difetti cominciano a pesare, l’ideale sognato viene meno e comincia a insorgere l’ansia, la tristezza e una forte delusione. Al contrario il linguaggio positivo costruisce ponti tra gli sposi, ed è formato da: dolcezza, positività, comunicazione, ascolto, caduta dei muri, perdono che porta alla pace, sentirsi vicendevolmente amati ed apprezzati. Inoltre per far rinascere la coppia ogni giorno occorrono atteggiamenti gestuali come il sorriso, la carezza, l’abbraccio; comportamentali, ovvero fare insieme le cose; simbolici, ossia avere attenzioni, ricercando piccoli doni per l’altro, nonché regalarsi sorprese ed essere capaci di meravigliarsi. Per gli sposi cristiani le carezze diventano sacramentali, negli abbracci sperimentano l’amore di Dio».