Perché la storia del Sud Sudan dovrebbe interessarci? Perché dovremmo lasciarci toccare dai racconti di un giovane Vescovo? Forse perché siamo un’unica umanità, toccata, sfregiata, violata dalla guerra, dalla povertà, dalla miseria, un’umanità che grida e chiede speranza al mondo, a noi.
Mercoledì 25 settembre, nell’oratorio della parrocchia di Sant’ Orso, si è tenuto l’incontro dal titolo “Missione pace e riconciliazione”, promosso dai Missionari Comboniani e dal Centro Missionario Diocesano nell’ambito della settimana Africana organizzata da Africa Chiama, con la testimonianza di Mons. Christian Carlassare, missionario comboniano originario della diocesi di Padova, ora vescovo di una diocesi poverissima, quella di Bentiu, in un paese dilaniato da conflitti interni dopo anni di guerra per ottenere l’indipendenza dal Sudan.
Ingiustizia. Il paradosso di questo paese, dove l’età media si attesta sui 19 anni con una elevata mortalità infantile e un alto tasso di analfabetismo, è la sua ricchezza mineraria che lo rende preda di chi vuole rubare le sue risorse. Questa situazione insopportabile e incredibile nasce da un sistema economico basato sull’ingiustizia.
Guerre. Il Sud Sudan vive da anni una guerra interna tra due principali fazioni e le loro relative milizie che saccheggiano e distruggono il paese.
Un terzo della popolazione vive da oltre 10 anni nei campi profughi gestiti dall’ONU. Niente strade, niente scuole, niente infrastrutture. C’è una sola strada asfaltata in tutto il paese. La povera economia di sussistenza non riesce a sfamare la popolazione costretta a importare generi di prima necessità. Il conflitto ha posto i civili in una condizione di forte pericolo, preda di milizie sbandate. Il potere è in mano a tribù di nomadi o semi nomadi. I Dinka vogliono governare il paese tramite una forte militarizzazione che ha, purtroppo, coinvolto molti bambini, giovani e ragazzi strappati dalle loro famiglie e dalle scuole, arruolati senza scrupoli e costretti a combattere. Questi giovani sono stati reclutati per combattere contro l’altro da vedere sempre come un nemico. Così ha detto il vescovo: “L’altro è sempre un nemico e non ci si rende conto che il nemico invece siamo noi che vediamo nell’altro un nemico”.
Mons. Carlasse. In questo contesto di povertà e ingiustizia mons. Christian Carlassare è stato nominato vescovo da Papa Francesco nel 2021 a soli 44 anni e, dopo pochi giorni dal suo insediamento, è stato vittima di un attentato. Alcuni uomini, per timore che il suo operato avrebbe potuto scombinare gli equilibri economici della Diocesi, hanno fatto irruzione di notte nella sua casa sparandogli ripetutamente alle gambe. Trasportato in ospedale, poi trasferito a Nairobi in Kenya e infine in Italia per le cure, grazie Dio, è tornato a camminare ed ora ha voluto rientrare nella sua terra di missione.
Il suo non è un atto eroico ma la risposta d’amore ad una umanità ferita che chiede giustizia e cerca speranza. “In Sud Sudan la presenza della chiesa – ha raccontato il Vescovo – è un segno di speranza. Restando tra la gente, nei villaggi, nelle piccole realtà, si testimonia la presenza di Dio in mezzo al suo Popolo”.
Di fronte a questa storia non possiamo restare indifferenti o semplici spettatori. Troviamo una risposta alle domande poste all’inizio di questo articolo. Occorre fare una scelta e prendere posizione a fianco degli oppressi.