Il 21 agosto ho letto, sul Corriere Adriatico, l’articolo di Massimo Foghetti, giornalista e conduttore della rassegna stampa di Fano Tv, queste parole: «Il beato Antonio dimenticato – Da 5 anni si aspetta il ritorno». Foghetti, con l’articolo, sollecitava il ritorno a Fano del Beato Antonio dimenticato. In questa sede non parlo del ritorno del Beato Antonio, perché non è mia competenza. Nel 2022 scrissi un libro dal titolo Dal terremoto al coronavirus dove cercai di approfondire la conoscenza del personaggio.
Beato Antonio. A poco più di un chilometro dalla Città della Fortuna sorgeva, già nel XV secolo, il convento di Santa Maria Nuova in San Lazzaro, dove era stato sepolto il Beato Antonio († 1435).
Purtroppo durante l’assedio di Fano da parte delle milizie roveresche i frati furono costretti a trovare rifugio all’interno della città. Nel trasloco trasportarono anche i resti del Beato Antonio. Ai Francescani venne concessa l’antica chiesa parrocchiale San Salvatore, che i frati, in memoria della chiesa dolorosamente abbandonata, seguitarono a chiamare Santa Maria Nuova, luogo dove fu sepolto il corpo del Beato Antonio.
Contesto storico. Ma chi era questo Beato Antonio? Non era beato. Difatti non è presente, come tale, negli elenchi della Chiesa cattolica e neanche considerato “Beato” dall’Ordine francescano. Solo il popolo cristiano aveva manifestato verso di lui una particolare devozione. Fu un importante personaggio che caratterizzò gli eventi storici del suo tempo. Basterebbe solo ricordare che Alfonso, re di Aragona, lo aveva scelto come suo confessore e proposto come ambasciatore a Papa Martino V. Tra i secoli XIV-XV in Italia si andava proponendo una situazione politico-militare nuova. Alfonso, re d’Aragona, aveva promesso ad Andrea Fortebracci, conosciuto come Braccio da Montone, condottiero violento e spregiudicato, di formare una nuova signoria nell’Italia centrale. In tale prospettiva il capitano di ventura aveva già occupato parte dell’Italia centrale, minacciando la stabilità dello stesso Stato Pontificio che, da poco, si era positivamente ricomposto con l’elezione di Martino V. In questo contesto politico e militare si impose la battaglia de l’Aquila che segnò la fine delle contese tra Fontebracci e Martino V. È molto probabile che il Beato Antonio cercò di scongiurare la battaglia, recandosi sul luogo, ma non ci riuscì.
Indagine sui resti. Per quanto riguarda l’indagine macroscopica e radiologica, condotta dal dottor Luca Ventura, dirigente di Anatomia patologica all’Ospedale San Salvatore de L’Aquila, sui resti mortali del cadavere del Beato Antonio condotto presso l’Ospedale Engles Profili di Fabriano si è potuto identificare quanto segue: «si tratta di un individuo di sesso maschile, di età compresa tra i 45 e i 49 anni, della statura di metri 1,70 circa, in buone condizioni di nutrizione per il fatto che era vissuto in un comodo e raffinato ambiente».
L’indagine macroscopica e radiologica viene a confermare la presenza di un uomo che è vissuto nel benessere di una corte regale. Un frate minore di grande equilibrio politico, diplomatico e culturale, considerato dal popolo, un frate esemplare per santità di vita.