Dopo il triduo di preparazione, sabato scorso 1° giugno il solenne pontificale con la processione è stato presieduto dal card. Fernando Filoni, gran maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro
San Crescentino anche quest’anno si è presentato all’appuntamento del 1° giugno con il suo popolo, in un’atmosfera ancor più solenne e partecipata del solito, grazie alla presenza del cardinal Fernando Filoni, invitato dall’arcivescovo mons. Sandro Salvucci. San Crescentino, il soldato romano che ha abbandonato la vita militare per dedicarsi alla predicazione, ha stazionato ai piedi del presbiterio come sempre, circondato dai garofani rossi, come una vedetta che ci sorveglia e ci benedice fino alla fine della messa, quando il popolo l’ha preso su di sé per portarlo lungo le vie e le piazze, a contatto con i cuori dei fedeli e coi mattoni degli antichi palazzi. La cattedrale era gremita: presenti varie confraternite della Città e dell’Arcidiocesi, scout, unitalsi, università, autorità militari e civili. La messa ha rappresentato anche un segno tangibile di solidarietà: come ha annunciato il l’Arcivescovo, tutte le offerte raccolte andranno al patriarcato latino di Gerusalemme, ovvero la diocesi cattolica della Terra Santa, in questo periodo difficile di guerra in cui non c’è turismo e dunque pellegrinaggi. Mons. Salvucci ha ringraziato il cardinal Filoni per la presenza e ha salutato anche l’arcivescovo emerito mons. Giovanni Tani, presente dopo un periodo di convalescenza post intervento. Il Cardinale, già prefetto della congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e nunzio apostolico in varie nazioni, è ora gran maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, i cui membri di Marche e Toscana, alcune decine, erano presenti nelle prime file.
Legame. Il cardinale ha esordito così: “Più che ospite mi considero oggi compartecipe della vita di Urbino. Già in passato ho avuto modo di frequentare questa città (alcune estati in occasione dei corsi per sacerdoti stranieri), ma è la prima volta in occasione della festa del patrono. Di San Crescentino non vi parlerò molto, penso che voi già conosciate gli aspetti salienti della vita, dalla nascita a Roma all’esercito, dalla rinuncia alla vita militare al suo allontanamento per approdare a Città di Castello dove predicò la fede in Cristo e la difese contro le mostruosità del paganesimo, fino al martirio del 303. Il vescovo Mainardo ottenne poi nel 1068 i resti mortali del martire. Mi colpiscono due aspetti, antichi e attuali: il suo amore totale a Cristo, che manifestò con la predicazione, e la generosa testimonianza di fede fino al martirio”.
Vangelo. “Evangelizzare – ha proseguito Filoni – fu l’ultimo comandamento lasciato da Gesù ai discepoli. Ma è anche il primo dei doveri di ogni battezzato e della Chiesa. ‘Andate in tutto il mondo e annunciate il vangelo a tutte le genti. Io sono con voi fino alla fine dei tempi, ma non sarete soli, c’è lo Spirito Santo a consolarvi e sostenervi’, ha detto Gesù”. Quanto erano lontane le richieste pagane e idolatriche dalla predicazione di Crescentino. Parlava di perdono, di misericordia, di verità e di una salvezza che viene da Dio e a noi donata attraverso Gesù. Egli parlava di una comunità di persone unite dalla stessa fede e guidata dal vescovo di Roma. Nella vita tuttavia non basta annunciare il vangelo, ma bisogna essere testimoni credibili della fede. Il battezzato non nasconde la propria identità, né la dissimula con espressioni generiche quasi vergognandosi di essa. Un cristiano però non ostenta nemmeno la fede, e non fa proselitismo. La fede emerge nella bellezza della parola di dio e della sua verità, come faceva Gesù che affascinava tutti”.
Processione. Il nastro di folla che si è dipanato nelle strade del centro ha seguito la celebrazione, con le tre classiche soste per benedire con le reliquie l’università, il monastero delle Agostiniane e la piazza. L’orchestra di fiati della Cappella Musicale ha animato la processione, che ha goduto di un clima caldo e assolato. Il cardinale ha avuto modo di scoprire l’usanza del getto di petali di rose e ginestre dall’alto di corso Garibaldi, così come del prendere i garofani rossi al termine della funzione, dopo il ritorno della statua in chiesa. Statua portata come sempre con forza di spalle e d’animo dal gruppo dei portatori, guidato da oltre un decennio da Gian Luca Marcucci.