La Cei ha nominato, lo scorso mese di maggio, il nuovo Presidente maschile della Fuci, la Federazione Italiana degli Universitari Cattolici. Si tratta di Alessio Dimo di Urbino, studente di Architettura al Politecnico di Milano. Attualmente abita a Montelabbate (PU) e frequenta la parrocchia di S. Maria Assunta di Vallefoglia, guidata da don Marco Di Giorgio, vicario generale dell’Arcidiocesi di Pesaro.
Alessio sarai il primo pesarese a guidare la Fuci nazionale. Cosa significa per te rappresentare questa federazione così ricca di storia?
Naturalmente è un grande onore ma mi preme specificare che la Fuci ha due presidenti, uno maschile e uno femminile ed è significativo che questo ruolo sia ricoperto da Carmen Di Donato, una ragazza di Salerno che studia Lettere classiche ad Urbino. Quindi possiamo dire che questa presidenza parli marchigiano.
Com’è strutturata la Fuci oggi?
Permettimi prima di parlare della Fuci di Urbino che con i suoi 40 iscritti è la realtà più numerosa e meglio strutturata d’Italia. Alle sue iniziative partecipano inoltre anche 20 non tesserati. Il quartier generale dell’università feltresca è il Convento di San Francesco, all’interno del quale si vive un’esperienza di vita comune seguita anche dall’Arcivescovo di Pesaro e Urbino Sandro Salvucci. A livello nazionale siamo 300 tesserati ma come simpatizzanti siamo molti di più e siamo presenti nelle principali università italiane. La Fuci peraltro è una federazione, per cui ogni gruppo è indipendente e ciascun tesserato ha diritto di voto.
Come siete organizzati e quali sono gli ideali che vi guidano?
Le realtà più grandi si trovano a Milano e Roma ed hanno una dimensione diocesana. Il livello nazionale si articola in: gruppo, realtà diocesana e regionale. Il nostro obiettivo è scoprire la dimensione universitaria visto che gli atenei stanno diventando sempre più luoghi tecnici e non luoghi di ricerca e cultura. Siamo interessati alle questioni più attuali e teniamo molto allo studio che si trasforma in dono e servizio. Studiamo per essere competenti e per essere pronti a servire poi nella società di oggi. Crediamo molto nel dialogo con le altre realità associative e nel dialogo interreligioso. Ma soprattutto è la fede il cuore del nostro spirito, in altre parole la ricerca di Dio e del senso più profondo.
Quali sono gli appuntamenti principali a cui partecipate nel corso dell’anno?
Partecipiamo annualmente al dialogo ebraico – cristiano che si tiene a Camaldoli, poi siamo presenti in vari convegni di ecumenismo ma ci teniamo molto anche all’azione che diviene generatività. Questo perché crediamo nella concretezza e quindi partecipiamo attivamente alla vita sociale universitaria. Ad esempio tramite il volontariato, inoltre ci occupiamo dell’orientamento in entrata con i ragazzi dell’Azione Cattolica. Un altro aspetto è vivere la periferia.
In che senso?
Ci siamo resi conto che le stesse università possono essere considerate periferie perché creano ghettizzazioni. Da qui nasce il desiderio di considerare queste realtà come un luogo da vivere, quindi, in un’ottica di fede e ricerca comunitaria.
I prossimi appuntamenti?
La Settimana teologica che si terrà al monastero di Camaldoli con il quale esiste un profondo legame da quasi cento anni. Quest’anno sarà dal 5 all’11 agosto. Durante questi giorni svolgeremo il nostro ritiro spirituale, ma sarà anche un momento di confronto e dialogo con teologi e biblisti, filosofi e politici. Studio, lavoro e preghiera saranno la nostra bussola. Inoltre abbiamo già deciso il tema che affronteremo nel 2024-25: il transumanesimo e il post umanesimo.