Alle lettrici e ai lettori de Il nuovo amico
In occasione delle festività natalizie, come vescovi della Metropolia di Pesaro Urbino Fano, condividiamo insieme a voi questo piccolo messaggio che contiene i nostri auguri, alcuni spunti di riflessione e tanta gratitudine.
Lo scriviamo mentre siamo in cammino, presi dai nostri impegni e dalla necessità di conoscere più da vicino il territorio delle tre diocesi, nella novità che si presenta a chi è arrivato da poco tempo – da uno a tre semestri al massimo – ma anche nella volontà di non andare ognuno per la sua strada.
Ci sentiamo come i discepoli di Emmaus, avvicinati dal Risorto e ammaestrati lungo la via, testimoni della speranza che egli mette nei nostri cuori. Avvertiamo la sua presenza nelle nostre comunità e nella missione che tutti voi portate avanti nel servizio alla Chiesa e alla società. Lodiamo il cielo e ringraziamo il buon Dio per la forza con cui la sua Parola si diffonde e opera in mezzo a noi, per la disponibilità e l’accoglienza che trova nei cuori e nelle menti dei membri delle nostre comunità.
Ci lasciamo interpellare anche da quanto accade di bello nella città capoluogo della provincia e della nostra Metropolia. La proclamazione di Pesaro quale capitale della cultura 2024 è sicuramente un evento straordinario che va a incrociare la fase sapienziale del cammino sinodale della Chiesa italiana. Questo ci porta a entrare in dialogo con il pensiero e l’arte del nostro tempo, per essere scribi del regno che, come saggi padroni di casa, estraggono dai loro patrimoni cose nuove e cose antiche.
Il campo di lavoro dove, tuttavia, stiamo collaborando di più tra le nostre tre diocesi è quello della riflessione circa l’accoglienza verso i migranti. Sollecitati dalle urgenze che la penisola vive a motivo dei flussi costanti di persone che arrivano sulle coste del meridione, con i direttori delle nostre Caritas riteniamo che questo problema vada affrontato insieme a tutte le altre forme di povertà, a partire dalla penuria e dai costi proibitivi degli alloggi che rendono impraticabile ogni progettualità per le giovani famiglie delle nostre terre. Come Chiesa vorremmo che alcune tematiche non fossero più presentate in termini di emergenza, ma che vengano studiate e affrontate come dimensioni da cui partire nell’organizzazione della vita quotidiana delle comunità cristiane e cittadine. L’icona della santa famiglia in cerca di un alloggio dove far nascere l’Emmanuele è rappresentativa di questo nostro tempo e dell’egoismo che impedisce di essere fecondi e generativi.
L’ultimo pensiero è dato dall’inizio del canto del Gloria nella notte di Natale. Come sappiamo la vecchia versione diceva: «Pace in terra agli uomini di buona volontà». Gli esegeti hanno suggerito di modificare l’inno con una traduzione più corretta: «Pace in terra agli uomini amati dal Signore». A ben pensare, la pace non si costruisce senza uomini intelligenti, sapienti e di buona volontà. Se è vero che il Signore ama questo nostro mondo, è altrettanto vero che ognuno deve fare la sua parte, metterci tutto l’impegno e la volontà, a cominciare dal rispetto per la vita e dal rifiuto di ogni forma di guerra. Il 60° anniversario della Pacem in terris che abbiamo celebrato quest’anno dice che, se la voce dei pontefici è pressoché inascoltata, a maggior ragione lo è quella dei vescovi e che forse queste parole sono inutili. Resta autorevole e ammirevole, tuttavia, il canto della notte di Betlemme che rischiara le tenebre della morte e fa luce su ogni forma di atrocità perpetrata.
Con l’augurio e la speranza della pace.