Potrebbe essere questo un possibile titolo che sintetizza in maniera non del tutto lontana dalla realtà la parabola che ha caratterizzato la storia della venerazione e del culto dei fedeli per la figura di papa Paolo VI. Chi scrive ha vissuto nella propria concreta esistenza questo iter, lungo, durante il quale con il “dono” della distanza dovuta allo scorrere degli anni, Chiesa e mondo hanno sempre più preso coscienza della grandezza illuminata e santa di questo figlio della terra bresciana e grande amante della Chiesa, in quanto amante del Signore Gesù. Davvero sembra aver incarnato le parole di san Paolo “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). E, vivendo per Cristo, ha donato la sua vita alla Chiesa, come cristiano, prete, vescovo e papa.
In un testo memorabile per profondità e lirismo poetico, il PENSIERO ALLA MORTE, leggiamo queste parole cariche di grande amore alla Santa Madre Chiesa: «Prego pertanto il Signore che mi dia grazia di fare della mia prossima morte dono d’amore alla Chiesa. Potrei dire che sempre l’ho amata; fu il suo amore che mi trasse fuori dal mio gretto e selvatico egoismo e mi avviò al suo servizio; e che per essa, non per altro, mi pare d’aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse; e che io avessi la forza di dirglielo, come una confidenza del cuore, che solo all’estremo momento della vita si ha il coraggio di fare».
E quali sono le tre date? Presto detto. Innanzitutto il 6 agosto, festa della Trasfigurazione del Signore: proprio in questa sera di 45 anni fa, alle 21.40 passava da questo mondo al Padre, nella residenza pontificia di Castelgandolfo. In seconda battuta il 26 settembre, giorno della sua nascita a Concesio (Brescia), da Giorgio e Giuditta Alghisi. In realtà questa data è da collegarsi strettamente con un’altra data ad essa molto molto vicina, il 30 settembre 1897, giorno del suo battesimo: dopo l’ingresso nella vita, l’ingresso nella vita.. di grazia. Tornando a Concesio il 16 agosto 1959, da arcivescovo metropolita di Milano, e soffermandosi in preghiera davanti al fonte battesimale della chiesa parrocchiale, pronunciò un discorso che può far bene anche a noi, cristiani del III millennio, soprattutto in un passaggio cruciale: «Son diventato cristiano qui; son diventato figlio di Dio: ho avuto in dono la fede. Ebbene mi verrebbe voglia di dirvi: che cosa io ho fatto di questo dono del Signore? […] Guardate che non apprezziamo mai, mai abbastanza il dono che il Signore ci fa col santo Battesimo, e anch’io sento la responsabilità di aver ricevuto questo dono regale e di non averlo né compreso abbastanza, né abbastanza fecondato…». Infine il 29 maggio, giorno della sua ordinazione sacerdotale (1920) che dal 14 ottobre 2018, giorno della sua canonizzazione – la beatificazione era avvenuta il 19 ottobre 2014 – diviene il giorno ufficiale della sua memoria liturgica. Nel corso degli ultimi 30 anni (faccio riferimento alla parrocchia di Sant’Antonino Martire di Concesio), nel corso del ministero parrocchiale di mons. Valerio Polotti (1963-1996), mons. Secondo Osio (1996-2016) e mons. Fabio Peli (2016-…) il focus degli annuali festeggiamenti è passato dal giorno della pia morte, a quello della nascita, soprattutto a partire dal 1997, centenario della nascita, con la creazione delle “Settimane montiniane”, vere occasioni di approfondimenti culturali, elevazioni spirituali e sottolineature preziose e sempre diverse del poliedrico magistero del santo papa. Dalla canonizzazione il centro della devozione a san Paolo VI ha trovato il suo centro nella ricorrenza liturgia del 29 maggio.
Tanto altro si potrebbe e si dovrebbe dire. Ci limitiamo ad una perla, cui forse si fa poco riferimento. Paolo Vi ha guidato e portato a termine il Concilio Vaticano II, ha inventato (potremmo dire) un nuovo modo di strutturare il Sinodo dei Vescovi con la Costituzione Apostolica Apostolica Sollicitudo (15 settembre 1965), dando nuovo lustro allo stile della sinodalità che tanta parte ha nella Chiesa di oggi a vari livelli, diocesano, nazionale ed universale. Ma soprattutto, papa Montini ha preparato tre successivi pontificati, inspirante Domino: Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sono stati creati cardinali proprio da lui. Quale lungimiranza ispirata. In nomine Domini.
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