Da circa un millennio il primo giugno a Urbino è una giornata di festa e memoria. La ricorrenza di San Crescentino martire cristiano sotto Diocleziano (303 d. C.) e patrono della nostra Città e Arcidiocesi, richiama ogni anno, secondo una consolidata tradizione, tanti fedeli che riempiono la cattedrale e affollano la successiva processione. Se l’anno scorso la novità era il ritorno in duomo dopo cinque anni di assenza dalla basilica (prima per i restauri e poi per la pandemia), quest’anno l’attenzione dei fedeli era puntata sul nuovo arcivescovo mons. Sandro Salvucci, al debutto in quella che è la festa religiosa più sentita in Diocesi. Passo dopo passo, rito dopo rito, il presule si è lasciato guidare dagli stessi fedeli nel portare avanti la complessa ‘macchina’ che è la processione, fino alla benedizione finale sul sagrato.
Presenza. Hanno partecipato al solenne rito i rappresentanti delle varie forze dell’ordine, il sindaco Maurizio Gambini, l’UNITALSI, gli scout Agesci, le confraternite in divisa del Corpus Domini, di San Giovanni e della Morte di Urbino, del Santissimo Sacramento di Urbania e di Piobbico e la delegazione locale dell’ordine equestre del Santo Sepolcro. Ad animare la liturgia, il coro diocesano diretto da don Daniele Brivio e l’organista Lorenzo Antinori. Nella successiva processione, l’orchestra di fiati diretta da Michele Mangani ha scandito i ritmi. L’arcivescovo, dopo aver salutato i bambini della comunione nelle prime file (“Siete il presente che guarda avanti”), nell’omelia si è soffermato sull’attualità del patrono.
Mostri. “La giornata di oggi è un momento di memoria di un campione della fede. Ci sentiamo profondamente uniti a coloro che hanno raggiunto i traguardi, i campioni. Crescentino è uno di essi, il nostro patrono. Una sorta di padre, a cui guardare. Ma a distanza di secoli cosa può dirci? Anche noi oggi non viviamo tempi facili. I valori della fede che hanno caratterizzato la nostra civiltà e la nostra cultura sembrano inesorabilmente destinati ad evaporare. Ma sostenuti dalla fede in Cristo possiamo come Crescentino eliminare i mostri dell’egoismo, dell’indifferenza, della guerra, della violenza”.
Modello. “Crescentino – ha concluso l’Arcivescovo – è un uomo giovane, che ha vissuto una vita non banale, con passione, mettendo in discussione tutto pur di restare fedele a Cristo. Perché Mainardo portò le reliquie a Urbino? Non solo per dotare la città di un santo patrono da venerare, ma di un modello di fede da imitare. Un modello affascinante ma anche esigente, per rendere viva e dinamica la nostra fede. Se oggi guardiamo a lui come modello, vale la pena ancora festeggiarlo, altrimenti è solo folklore”. La processione, che si è svolta sotto un cielo nuvoloso, ha effettuato le collaudate soste per benedire università, monasteri di clausura e la città. I portatori, coordinati da Gian Luca Marcucci, hanno sostenuto con la consueta forza d’animo e di spalle il peso del santo fino al rientro in duomo, per poi riportare il simulacro in cartapesta realizzato da Francesco Antonio Rondelli nella sua casa ‘feriale’, il duomo, e dare il via allo strappo dei garofani rossi. Tra un anno esatto, san Crescentino uscirà di nuovo.