Martedì 4 ottobre nella solennità di san Francesco la comunità delle clarisse di Urbino ha festeggiato il giubileo di professione di suor Chiara Patrizia.
L’11 ottobre 1962 Papa Giovanni XXIII apriva i lavori del Concilio Vaticano II. In quello stesso giorno, Palmira una giovane di Brescia (quartiere Fiumicello), formatasi nelle file dell’Azione Cattolica entrava in monastero, con il nome di suor Chiara Patrizia. Il 4 ottobre, festa di S. Francesco, suor Chiara Patrizia ha celebrato il 60° di professione nel monastero di Urbino, alla presenza dell’arcivescovo mons. Giovanni Tani, del parroco di Fiumicello, don Fabio Carazzina, di fratel Tommaso della comunità di Betania e vari sacerdoti e religiosi.
Celebrazione. Suor Patrizia ha espresso la sua gratitudine, riferendosi alla grazia di aver trovato nel suo percorso: persone generose che l’hanno aiutata e soprattutto la comunità delle clarisse, che è stata per lei famiglia “aperta a tutto il mondo”. Come sia stato possibile questo restando in clausura, Chiara Patrizia lo ha spiegato con la capacità di avere antenne per cogliere “i palpiti di vita” che vengono da ogni parte, rimanendo nella comunità e sperimentando nella comunione il soffio dello Spirito che allontana da noi gli idoli che ci imprigionano. Nell’omelia, parlando di sr. Patrizia, mons. Tani ha ricordato episodi di attenzione e sostegno alla Chiesa di Urbino, definendola “consigliera fidata e attenta” ed ha poi allargato il suo ringraziamento a tutte le comunità francescane di vita attiva e contemplativa dell’arcidiocesi.
Testimonianze. Al termine della celebrazione sono stati significativi gli interventi di don Fabio e di fratel Tommaso. Il primo ha raccontato come si è evoluta la comunità parrocchiale da quando suor Patrizia l’ha lasciata citando un dato eclatante: su 50 bambini che vanno in prima elementare, un solo bambino è italiano. Questo fatto richiede un cambio di modalità nell’annuncio del vangelo, e imparando ad essere Chiesa in uscita. Poi don Fabio ha tracciato una similitudine tra sr. Patrizia e Santa Chiara, nel senso che Chiara recepiva le intuizioni e i dubbi di Francesco e nella preghiera dava loro significato per guidare la comunità, così come sr. Patrizia ha raccolto domande e proposte di tanti, e poi, filtrandole nella preghiera, ha saputo incoraggiare e sostenere la speranza. Fratel Tommaso ha citato il libro “Come un fuscello che danza nel vento” (Ed. Betania), frutto degli anni di vita contemplativa di suor Patrizia, nel quale lui stesso ha raccolto in modo organico gli scritti di suor Patrizia. Da quelle poesie e annotazioni, emerge un quadro di santità laica, di popolo, gioiosa in cui la persona vive se stessa come “fuscello che danza nel vento” ora calmo, ora tumultuoso. La mattina si è conclusa con una condivisione fraterna nel monastero, dove le sorelle clarisse hanno accolto i partecipanti con generosità e semplicità. La presenza di suor Patrizia ha attraversato i miei anni a Urbino, con importanti spunti di stimolo per la mia fede. Mi colpivano i contatti che lei teneva con i missionari sparsi ai confini del mondo, due in particolare: Alex Zanotelli, missionario in Kenya e padre Gabriele Perfetti, missionario in Salvador. Dalle riflessioni che lei condivideva con noi a partire dai loro racconti, potevamo capire meglio le difficoltà, interne ed esterne alla Chiesa, nella diffusione del vangelo. Come per me, anche per molti altri, suor Patrizia è stata sorella discreta, con lo sguardo incessantemente rivolto verso l’Alto.