Venerdì 1° luglio si è tenuto l’incontro con le Caritas parrocchiali e le famiglie che stanno accogliendo persone in fuga dalla guerra in Ucraina, organizzato da Caritas diocesana e dal Coordinamento diocesano per l’emergenza Ucraina. Un momento voluto proprio per fare il punto sulla situazione sia in diocesi che nel paese colpito dalla guerra.
Tema. Al centro il tema dell’accoglienza, filo conduttore scelto da Caritas a inizio di questo anno pastorale. «Lo scoppio della guerra ha ulteriormente stimolato la nostra diocesi a rispondere all’emergenza e ad attivare nuove forme di accoglienza», ha detto nell’introdurre la serata Luana Mastrogiacomi, referente del Nucleo Emergenza Ucraina. Da marzo è stato infatti attivato in diocesi un nucleo operativo dedicato alla gestione delle richieste e degli aiuti nei confronti delle persone ucraine arrivate nel nostro territorio. Rispetto alla prima fase dell’emergenza, oggi il lavoro si concentra sull’accompagnamento delle famiglie e delle comunità accoglienti. Don Ugo Ughi, vicario per la formazione del clero, ha ricordato come il modo di essere del cristiano sia proprio quello della condivisione, sia dei beni materiali che spirituali.
Numeri. Ettore Fusaro, direttore Caritas diocesana e operatore Caritas Italiana ha invece aggiornato l’assemblea sulla situazione in Ucraina, ripercorrendo l’origine del conflitto a seguito delle proteste popolari del 2013 che portarono ad un primo conflitto nel Donbass e all’annessione della Crimea da parte della Russia. Gli accordi di Minsk nel 2015 calmarono la situazione, ma non restituirono la pace a quei luoghi. Ad oggi si stimano 6 milioni di persone fuggite dal paese e 9 milioni di sfollati interni con 300.000 vittime accertate. L’Ucraina è l’unico paese ad avere due Caritas nazionali: Caritas Ucraina che afferisce alla chiesa greco-cattolica e Caritas Spes, che fa riferimento alla chiesa di rito latino. I programmi di aiuto realizzati grazie alle offerte raccolte hanno riguardato: 1) la distribuzione di aiuti materiali nel territorio, con tre milioni di pacchi consegnati. 2) la distribuzione di buoni di acquisto per le famiglie sfollate per un valore di venti milioni di euro; 3) allestimento di spazi per le famiglie con bambini con supporto psicologico, animazione, ecc. I partecipanti hanno poi lavorato a piccoli gruppi e restituito in assemblea i bisogni rilevati da ciascuna realtà sul tema dell’accoglienza. È emerso il bisogno di accompagnamento, di rete, un maggiore coinvolgimento e aggregazione di servizi.
Selfie. Nelle conclusioni, il direttore ha sottolineato come l’accoglienza sia un diritto che va tutelato e sul quale bisogna lavorare insieme. L’accoglienza, come le relazioni, richiede tempo e cura e per questo sarà importante trovare luoghi e momenti di confronto assiduo. Per sottolineare, infine, il contributo dato dalle famiglie e dalle comunità nel realizzare l’accoglienza è stato allestito un “angolo selfie”, dove scattare alcune foto per far conoscere a tutti l’impegno per un’accoglienza che fa bene.