Vi parlerò del Consiglio Pastorale Diocesano che si è tenuto in due giorni a Villa Prelato, venerdì 17 e sabato 18 giugno.
Certamente non farete la corsa per leggerlo (il Nuovo Amico non ha certo la risonanza di altri quotidiani) né tanto meno ci leggerà chi in questi giorni sta producendo fiumi di parole circa l’accorpamento delle diocesi parlando di popolo, di tradizione, di fede cristiana.
Discernere. Senza ombra di dubbio però il Vescovo (e qui non c’entra Roma, il Vaticano e tutto l’immaginario che costruiamo dietro le scelte della Chiesa) ha nel Consiglio Pastorale Diocesano uno degli eminenti riferimenti per poter ascoltare, discernere e decidere. Debbo dire con gioia che il nostro Consiglio Pastorale è formato da uomini e donne che hanno coscienza e conoscenza della vita della Chiesa, delle nostre parrocchie, delle differenze di un territorio che va da Marotta ad Apecchio e come tutto questo si leghi strettamente alle sorti di uomini e donne che ogni giorno si alzano per lavorare, studiare, amministrare … vivere!
Al Consiglio Pastorale si è parlato del cambiamento in atto e di come la realtà superi di gran lunga le idee. La realtà che abbiamo di fronte non va letta con i numeri del potere, dei privilegi acquisti o del «si è sempre fatto così»: queste logiche non hanno più ragione di esistere e pian piano si sono trasformate in diritti capaci solo di mandare in vacanza lo Spirito Santo e la potenza trasformatrice del Vangelo.
Al Consiglio Pastorale ci siamo incontrati da tutte le zone della diocesi, abbiamo pregato insieme, mangiato insieme, riso insieme; ci siamo confrontati su quanto in questo tempo di cammino snodale l’ascolto ha fatto arrivare alle orecchie della Chiesa, del Vescovo.
Fiducia. Ci rendiamo conto che l’ascolto del grido del popolo di Dio (=vescovo +preti+diaconi+religiosi+religiose+laici+laiche) se non genera immediatamente un atto di fiducia rischia di diventare populismo. Nei momenti più bui della storia e della nostra vita al grido “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato?» deve sempre far eco «Padre nelle tue mani affido il mio spirito». Affidarsi nelle mani di Dio non è affidarsi ai miracoli. Il Dio dei miracoli è morto sulla croce ma vuol dire vivere la vita di Gesù in noi. La Chiesa è il corpo di Cristo vivo e dobbiamo essere molto attenti a ragionare secondo Dio e non secondo gli uomini. Non è questo il rischio della “mondanità spirituale” più volte evocata da Papa Francesco come il male della Chiesa? Liberare la potenza del Vangelo uscendo da logiche confortevoli e vedendo che lo Spirito Santo è all’opera, che la Chiesa è viva, che molte sono le “startup” ecclesiali a cui dovremmo dare più rilievo è il cammino da fare insieme.
Futuro. La Chiesa di Fano si apre con fiducia al futuro perché in questi anni non ci siamo pianti addosso ma abbiamo cercato di leggere la realtà senza nasconderla anzi riconoscendola come un preciso invito a vivere il Vangelo senza aggiunte ed essere Chiesa meno clericale e maggiormente Popolo.