Don Cotignoli. Erano i preti murriani che interpretavano la “Rerum novarum” di Leone XIII con spirito profetico creando problemi alla gerarchia della Romagna. Perché vennero da noi? Nell’ultimo decennio dell’800 il vescovo faentino di Urbania e Sant’Angelo in Vado Francesco Baldassarri, accolse nella sua Diocesi alcuni sacerdoti suoi conterranei. Su quella scia, il ligure Giacomo Ghio, nominato arcivescovo di Urbino nel 1912, assecondò la richiesta di don Vincenzo Valentini, faentino e rettore del Seminario, di accogliere in Diocesi alcuni preti romagnoli, bravi ma che avevano preso troppo alla lettera le indicazioni dell’enciclica “Rerum novarum”. Arrivò da Bagnacavallo anche don Edmondo Cotignoli (1880-1963) che nel 1920 veniva trasferito da Isola del Piano a Peglio, dove creò l’organizzazione sociale cattolica per la difesa dei diritti mezzadrili e altre opere improntate allo spirito cooperativo e democratico, mai rinnegati anche negli anni del regime. Collaborando con coraggio alla Resistenza. Malato, si ritirò nel Santuario del Crocifisso di Battaglia, dove lo colse la morte. Bene ha fatto Peglio a dedicargli una Piazza. Ammiratore di don Cotignoli fu don Lorenzo Bedeschi, docente universitario studioso del Murrismo.
Abbadesse. Anche le Abbadesse del Monastero benedettino di Santa Maria Maddalena e del Convento delle Clarisse dei Cappuccini sono tra le venticinque donne, premiate dal sindaco Marco Ciccolini, con un riconoscimento per la loro attività di sostegno e promozione nei tre campi principali: sport, cultura, sociale. La cerimonia si è svolta nel teatro Bramante tra gli applausi e si è concretizzata con il dono di una ceramica in monocottura dell’artista Antonio Violini, un pezzo d’arte che riecheggia le quattro stagioni di Picasso. Da ricordare gli interventi musicali con arpa e violino delle sorelle Rombaldoni.
Di Raimondo Rossi