Con l’inizio della Quaresima si rinnova la tradizionale benedizione delle famiglie che affonda le sue radici nell’eredità del Concilio di Trento. Al centro di questa iniziativa vi è l’annuncio della “pace” di Cristo. Negli ultimi anni, a causa della pandemia, anche nella nostra arcidiocesi, ci sono state evidenti difficoltà, mentre quest’anno diversi parroci hanno già cominciato la tradizionale visita alle famiglie, altri provvederanno con modalità organizzative diverse, altri ancora utilizzeranno un periodo più lungo, successivo alla Pasqua. Non è un caso che la Chiesa solleciti i parroci a considerare la visita alle famiglie come uno dei compiti privilegiati della loro azione pastorale, fedeli al mandato del Signore che ai suoi discepoli raccomandava: «In qualunque casa entriate, prima dite “pace” a questa casa». Ed ecco che ancor oggi il primo saluto del sacerdote è: «Pace a questa abitazione e ai suoi abitanti». Inoltre l’incontro del parroco con la famiglia diventa l’opportunità per un breve annuncio evangelico e l’occasione per ravvivare esperienze di preghiera e di ascolto della Parola di Dio. Pertanto sarebbe auspicabile superare ogni difficoltà pur di cogliere questa occasione, pur di far visita alle famiglie. I fondamenti di questa consuetudine pasquale si trovano nella Sacra Scrittura e più precisamente nel libro dell’Esodo.
Accogliendo il sacerdote, nella Pasqua cristiana, ci si prepara alla liberazione dalla schiavitù del peccato e della morte, grazie al vero Agnello, Gesù Cristo, che con il suo sangue sparso sulla croce, segna le nostre abitazioni, portando la pace e la benedizione. Ma significa anche l’incontro di Gesù con ciascuno di noi nella nostro quotidianità, come avvenne con Zaccheo quando fu invitato a scendere dal sicomoro perché doveva fermarsi a casa sua. Segno concreto è l’aspersione con l’acqua benedetta, tanto che, in alcune aree del nostro Paese, la benedizione delle famiglie continua ad essere chiamata l’”acqua santa”. A differenza delle grandi metropoli, ancora nei nostri territori ed in particolare nella nostra arcidiocesi, la visita alle famiglie è una tradizione molto sentita, tanto che è facile vedere sacerdoti in giro per i quartieri e per le vie delle città, come pure per le contrade delle nostre campagne, suonare campanelli e salire le scale, per ritrovarsi a pregare insieme, sia pure in un contesto fortemente aggredito da altri riti, altre storie ed altre priorità. Fortunatamente, molti ancora pensano che sia molto bello, quando un prete entra in casa e scambia anche poche parole per ricordarci che il grande mistero della Pasqua merita ancora e meriterà sempre di essere ascoltato.