Non tutti gli urbinati sanno che la città, oltre a San Crescentino, ha anche un compatrono. Si tratta di un umile imitatore del serafico Francesco che ha dedicato tutta la sua vita ai poveri, agli indigenti, ai malati nel corpo e nello spirito. Il suo nome è Giovanni Pellingotto (Pelino Goto).
E’ stato un religioso italiano, terziario francescano, che seppe farsi amare per la sua bontà e la sua dedizione al prossimo, tanto che già in vita era considerato un sant’uomo e come tale veniva additato quando lo incontravano lungo la strada. Il suo culto si è diffuso da subito e si è perpetuato attraverso i secoli; Papa Benedetto XV nel 1918 lo proclamò ufficialmente Beato.
Pelingotto nasce ad Urbino nel 1240; è figlio di un ricco mercante di stoffe, che ha la sua abitazione presso “Pian di Mercato” oggi via Mazzini, dove c’è una lapide che lo ricorda. All’età di dodici anni il padre, Ugo di Adelesio lo avviò alla mercatura ma, resosi presto conto dell’indole del figlio non adatto al commercio, lo esonera da tale attività e lo lascia pregare in modo assiduo, come fin da piccolo era sua abitudine fare. Rinunciò presto alla sua attività per vivere una vita di ritiro e penitenza vestendo il saio del terz’ordine francescano. Pentito per avere atteso troppo prima di dedicare la sua vita a Cristo si vestì con un saio e si mise una corda al collo, si recò in cattedrale a pregare davanti all’altare della Vergine. Quando la madre giunge sul luogo per cercare di convincere il figlio a tornare a casa con lei, lo trova in estasi. Il giovane ottiene dal padre la promessa di poter donare i propri beni ai bisognosi; da allora condusse una vita ritirata, dedito alla preghiera e ai poveri e malati di cui si occupò privandosi di quello che donava loro. Nel 1255, a 15 anni, entra nella Fraternità dell’Ordine Francescano Secolare vestendo l’abito del Terz’Ordine della penitenza, nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli, in fondo a via Lavagine, la prima fraternità francescana di Urbino. Nel 1300, in occasione del Giubileo indetto da papa Bonifacio VIII, si recò in pellegrinaggio a Roma e, dopo tale esperienza, intensificò la sua vita spirituale; colpito da una grave infermità che lo privò anche della parola, morì nel 1304. Fu sepolto inizialmente nel cimitero nel chiostro del convento dei francescani a Urbino ma in seguito le sue spoglie furono esumate e traslate nella chiesa di San Francesco dove, sul suo sepolcro, fu eretto un altare. Molti si augurano che il suo anniversario (1 giugno) venga appropriatamente ricordato e celebrato.
Di Manuela Braconi