“Basta Italia Schifa, vado in Carpegna”! Da ragazzino, così sentii apostrofare un anziano. La battuta mi meravigliò e pensai fosse da attribuire alla sua scarsa cultura. Poi col passare del tempo mi sono ricreduto e mi sono detto: vuoi vedere che questa frase pronunciata con tanta sicurezza, ha un fondamento storico? Raccontai l’episodio ad un amico appassionato di storia, il quale mi spiegò che la Contea di Carpegna, fino all’unità d’Italia, godette di uno status distinto ed i suoi Conti avevano competenza piena sulle persone e sul territorio. A questo riguardo illuminante è una vicenda legale che vedeva Carpegna opporsi al Papa a proposito della applicazione di una tassa valida per tutto lo stato; la vertenza si concluse con il riconoscimento della Contea come territorio esente. I Conti di Carpegna vantavano un titolo che precedeva lo Stato della Chiesa, quale feudo di “origine imperiale” (come i Brancaleoni di Urbania fino al sec. XV) e come tali godevano di una autonomia pressoché totale. La frase in argomento ha assunto carattere popolare per la funzione di rifugio che aveva la zona di Carpegna per quanti dovevano regolare i conti con la giustizia: in quel luogo potevano stare tranquilli trovandosi oltre confine, situazione questa divenuta ancora più favorevole per i ricercati col passaggio nel sec. XVI della vicina zona di Sasso Simone-Sestino al Granducato di Toscana. Situazione questa che cesserà solo nel 1861 con l’unità d’Italia. È stata per me una bella lezione di storia che mi ha fatto ricordare il glorioso passato della Signoria di Carpegna la cui origine documentata risale al principio del XIII secolo. Fu il cardinale Gaspare di Carpegna ad ottenere per la contea avita nel 1670 una notevole autonomia.
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