Urbino. Dopo averci parlato, la settimana scorsa, delle Beatitudini e dei guai che derivano dall’accogliere o meno Cristo che sta passando in quei territori, la Parola di Gesù in questa domenica ci offre un’altra prospettiva, ovvero ci invita ad avere il coraggio di accogliere un messaggio particolare, un messaggio di misericordia e di attenzione alle necessità degli altri. «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male…». Per fare questo però, occorre una profonda conversione, ovvero mettersi dal punto di vista di Dio. Amare i nemici non è possibile farlo come un dovere e soltanto con la forza della volontà. Così si trasformerebbe il Cristianesimo in una tortura, in una imposizione, in una coercizione.. E’ la vita donata da Cristo che dà la capacità di vivere secondo Dio, ovvero ci trasmette la natura di questo amore al nemico, di benevolenza per chi ci odia, di benedizione per chi ci maledice, di preghiera per chi ci maltratta. La nostra vita biologica, data dai genitori, difende e protegge se stessa, mentre quella di Cristo che è eterna, viene donata. Amare i nemici significa pertanto andare oltre la natura umana, andare al dono della vita di Dio ricevuta nel battesimo. Se amiamo soltanto quelli che ci amano, Gesù ci dice che non abbiamo alcun merito e non facciamo nulla di straordinario. L’amore vero è quello gratuito, un dono senza condizioni e contropartite. Questa pagina evangelica ci mostra il vero volto di Dio. Mentre noi lo pensiamo come un giudice esigente e severo, Lui si mostra con questi tratti: ci offre l’altra guancia, si fa strappare mantello e tunica e non ci nega nulla. L’amore al nemico è la nostra esperienza di Dio. «Il brano del Vangeloi», ha detto padre Luca Gabrielli, «ci chiede di fare qualcosa che non è naturale, ossia amare i nemici. Ci chiede di superarci e di andare oltre le nostre forze, comportandoci come Dio stesso si comporta, ossia amare i buoni e i cattivi. Ciò non significa approvare le malefatte dei cattivi, ma cercare di trattarli come amici e quindi correggerli ove è necessario, ma sempre con carità. Questo significa comportarsi da figli dell’Altissimo!». Il parroco ha ricordato ai ragazzi che Davide, pur avendo l’occasione di vendicarsi di Saul, non lo ha fatto. E noi?
Di Giuseppe Magnanelli.