Bonaventura Porta il “vescovo pittore”
Un ricordo appassionato del vescovo che segnò la storia di Pesaro a cavallo tra le due guerre mondiali e di cui ricorre il 68° anniversario
Pesaro
DI DON FRANCO TAMBURINI
Il 15 dicembre prossimo rincorre il 68° anniversario del passaggio alla Casa del Padre di mons. Bonaventura Porta, vescovo di Pesaro dal 1917 al 1952. Il ricordo di questo santo vescovo, è in me semplice (avevo 16 anni quando è deceduto) ma nello stesso tempo forte. Il primo ricordo risale al giorno della mia cresima che ricevetti dalle sue mani nella Cappella dell’Episcopio. Piccolo, umile, raccolto. Il secondo ricordo riguarda il giorno del suo onomastico, San Bonaventura (15 luglio), quando noi fanciulli di Azione Cattolica salivamo in Episcopio per porgergli gli auguri. Il terzo riguarda il piccolo appartamento nel mezzanino del Seminario (ora Palazzo Lazzarini) dove abitò, per poco tempo, quando lasciò l’Episcopio, divenuto Vescovo di “Ancusa”.
Umiltà. Ma il ricordo più bello e più forte è quello di “piccolo uomo avvolto nel mantello e inginocchiato a pregare nella Cappella del SS. Sacramento in Cattedrale. Lì lo si poteva trovare al mattino presto, durante il giorno e alla sera tardi raccolto, illuminato da una piccola lampada (o candela nel tempo della guerra). Una immagine descritta con devozione e affetto dall’avv. Lena Valentini e dipinta da Dall’Asta in un piccolo quadro ad olio. A questa immagine di Vescovo umile, povero, pio, desidero dedicare questi pensieri sulla preghiera che mi sono venuti alla mente il sabato della 32° settimana del Tempo Ordinario. nella meditazione sul brano di Luca in cui Gesù dice, dopo la parabola della vedova insistente, “è necessario pregare sempre, senza stancarsi” (Luca 18, 1-89). Una parola valida sempre, anche ai nostri tempi. Gesù ci ha lasciato un insegnamento semplice sulla preghiera, provocato dagli apostoli; ci ha lasciato il “Padre Nostro” che non è solo “una preghiera” ma un grande insegnamento per come pregare e cosa chiedere nella preghiera. Soprattutto Gesù ci ha lasciato la testimonianza della sua preghiera nella vita. Il Vangelo di Luca che leggeremo quest’anno nelle domeniche ci presenta spesso Gesù in preghiera, in luoghi appartati, a lungo, fino a notte tarda o all’alba; la pagina del Getsemani con la preghiera di Gesù al Padre “se è possibile passi da me questo calice, tuttavia non la mia ma la tua volontà sia fatta”.
Preghiera. E sempre Luca nella prima pagina degli Atti degli Apostoli così ci parla del gruppo dei discepoli “erano assidui e concordi nella preghiera insieme ad alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui” (Atti 1,14) e sempre negli Atti Luca ci presenta la comunità “erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (Atti 2,42). Urge riscoprire la necessità, l’utilità e la bellezza della preghiera. Non è affare per quelli che non hanno nulla da fare, ma come ci insegna S. Benedetto è “l’opus Dei”, l’opera di ogni giorno. Ne abbiamo bisogno per purificarci dall’attivismo, dall’eresia del fare, del correre, dallo stordimento del suono e del rumore. Urge l’ecologia dell’anima. Il silenzio e la preghiera ci aiuteranno a ritrovare noi stessi, a incontrare Dio e a riscoprire gli altri come fratelli. Concludo con l’ultimo pensiero rivolto a mons. Porta. Nella sala a lui intitolata nella Chiesa di San Martino si possono ammirare i suoi quadri (il suo autoritratto, il buon pastore, il padre che accoglie il figlio prodigo, Gesù fra i Dottori del Tempio e, in chiesa, il S. Cuore di Gesù).