“Pia Unione” del Carmine
… di nome ma non di fatto
Il Comune di Pesaro proprietario della chiesa ha firmato una convenzione con un’associazione privata dal nome simile ma che nulla ha a che fare con la “Pia Unione” di natura ecclesiastica
Pesaro
LA PORTAVOCE*
A nome della “Pia Unione” della Beata Vergine del Carmine e della Chiesa Rettoriale, il 9 aprile 2018 il compianto don Giuseppe Scarpetti chiede al Comune di Pesaro la concessione a titolo gratuito della chiesa e dei beni al fine di continuare l’attività religiosa e sociale. La “Pia Unione” trae la sua origine e fondazione con la venuta a Pesaro dei frati carmelitani; nel 1810 si trasferisce nella chiesa della Purificazione di proprietà delle monache Serve di Maria, comunemente chiamata Chiesa del Carmine; nel 1861 con l’avvento del Regno d’Italia la Chiesa e il Monastero diventano di proprietà comunale. In questi anni tra l’ente proprietario e la “Pia Unione” si instaura un rapporto di reciproca collaborazione che è proseguito fino ai giorni nostri. Il Comune risponde con delibera affermativa a cui dà seguito, però, una convenzione con un soggetto diverso: un’associazione privata, non riconosciuta, e che della storica associazione di fedeli sottoposta all’autorità del Vescovo utilizza solo il nome (Pia Unione del Carmine).
Confusione. La diversa natura è importante perché, proprio in ragione della natura ecclesiastica, la Giunta comunale di Pesaro ha deliberato (n. 152 del 17/9/2019) la concessione del Carmine a titolo gratuito. Infatti, per la legge italiana i beni immobili dello Stato adibiti a luoghi di culto – come appunto la Chiesa del Carmine – possono essere concessi in uso gratuito solo agli Enti ecclesiastici. Queste condizioni esistevano con la storica “Pia Unione” e non invece con quella che ne usa solo in nome. Quest’ultima non ha i requisiti di Ente Ecclesiastico e, così, non ha titolo per detenere gratuitamente proprio quei beni pubblici. La delibera è chiara: anche per il Comune la “Pia Unione” è l’Associazione storica di diritto canonico soggetta al Vescovo, legalmente riconosciuta, che ha perseguito nel corso degli anni finalità sia religiose che sociali e per conto della quale specificatamente scriveva il compianto don Scarpetti. Stipulando successivamente la Convenzione, il Comune è incorso in errore o confusione: ha concesso l’immobile Chiesa e tutti gli altri immobili attigui, ivi compreso un appartamento libero ed un parcheggio esclusivo sottratto ai residenti, per oltre 500 mq di spazio, a un soggetto privato (con lo stesso nome) e neppure costituito.
Comune. I tentativi della Chiesa locale di avere chiarimenti sulla situazione e di poter esercitare liberamente le attività religiose hanno trovato un muro da parte degli unici due interlocutori dell’associazione privata: il “priore” Luciano Trebbi e il “segretario” Stefano Ferri, di professione antiquario nella bottega di fronte al Santuario, i quali hanno negato ogni documentazione o rendiconto, dichiarando di non avere nulla a che fare con la Chiesa locale. Successivamente la situazione è stata portata all’attenzione del Sindaco, in quanto “le carte” dicono che occorre ripristinare legalità, trasparenza e corretto utilizzo dei beni pubblici: siano essi l’immobile Chiesa come pure gli altri importanti beni pubblici ed artistici oggi in mano ad un’associazione, certamente non cattolica, ma neppure forse mai ufficialmente “nata”. Tuttavia, la recente decisione provvisoria assunta dal dirigente comunale Galdenzi – che lascia tali beni pubblici gratis all’associazione privata che non è ente ecclesiastico – non tiene conto né della Delibera di Giunta n. 152/19 né del vincolo dell’immobile che è consacrato ai sensi del diritto civile oltre che canonico. Di tutto ciò, come comunità cristiana e come cittadini, non possiamo non farci portavoce anche per dissipare ogni confusione in capo alla comunità dei fedeli e ripristinare la legalità.
* Per la Rettoria della Beata Vergine del Carmine