Sebbene molte persone non ne siano consapevoli, è un dato di fatto che la religione più perseguitata al mondo sia oggi il cristianesimo. Da molti anni “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, con sedi in molti Paesi, si impegna per far sentire la voce di questi cristiani senza voce. Altrettanto importante è la campagna ACS di preghiera e sostegno in favore dei cristiani sofferenti in tutto il mondo.
La persecuzione religiosa può assumere molte forme. Può tradursi nei brutali attacchi diretti compiuti dallo Stato Islamico (ISIS) in Iraq e in Siria contro cristiani e yazidi, oppure può assumere forme più subdole quali discriminazioni, minacce, estorsioni, rapimenti e conversioni forzate, negazione dei diritti o limitazione delle libertà.
Minoranza. Nella Repubblica Islamica del Pakistan, dove i cristiani sono una piccola minoranza in una vasta popolazione di oltre 200 milioni di abitanti, nel corso degli anni abbiamo affrontato tutto quanto appena descritto. La Costituzione del nostro Paese ci garantisce indubbiamente la libertà di praticare la nostra religione e in Pakistan vi sono molte chiese, nonché scuole, istituzioni benefiche e ospedali cristiani che servono indistintamente le persone di ogni fede. Tuttavia, benché la Chiesa attraverso le sue numerose istituzioni svolga un ruolo significativo nello sviluppo del Paese, nella nostra società permangono dei pregiudizi profondamente radicati e una percezione negativa dei non musulmani. Questa tendenza può facilmente essere notata negli atteggiamenti ostili nei nostri confronti oppure nelle occasioni in cui i chierici islamici usano impropriamente gli altoparlanti delle moschee per incitare all’odio contro i non musulmani. Questo è ciò che è accaduto nel 1997 quando una vasta folla, fomentata dalla notizia che il sacro Corano era stato profanato da un cristiano, fu incitata ad attaccare un grande villaggio cristiano chiamato Shantinagar (Città della Pace). Fortunatamente, gli abitanti riuscirono a salvarsi fuggendo, ma la folla distrusse chiese e case.
Attentati. Negli ultimi anni, l’intolleranza all’interno della società pachistana è costantemente aumentata, aggravata dalla crescita di gruppi islamici militanti ed estremisti quali i talebani e altri affiliati ad Al-Qaeda e allo Stato Islamico. Nel 2001 abbiamo vissuto l’esperienza traumatica di un attentato. Due giovani estremisti, muniti di armi automatiche, hanno fatto irruzione in una chiesa di Bahawalpur uccidendo 15 fedeli e ferendo dozzine di altre persone. Quella fu la prima volta che in Pakistan avvenne un simile attentato in una chiesa. Il governo e la maggioranza della popolazione condannarono un attacco tanto brutale e molti dei nostri fratelli musulmani ci mostrarono la loro profonda tristezza e la loro solidarietà. Ma in seguito vi sono stati ulteriori attacchi sia nelle chiese che nelle moschee di alcune sette islamiche. Il più cruento finora è stato l’attentato alla chiesa di Ognissanti a Peshawar nel 2013. Un attentatore suicida si fece esplodere mentre i fedeli uscivano dalla chiesa. Circa 150 persone rimasero uccise, mentre i feriti furono almeno il doppio. Da allora vi sono stati quasi una dozzina di nuovi attacchi, che fortunatamente hanno mietuto meno vittime grazie alla presenza in loco di agenti di polizia armati, assegnatici dal governo federale del Pakistan.
Fede. Certo, abbiamo la libertà di credere e di praticare la nostra fede, ma dobbiamo essere pronti ad affrontare l’ira di quegli elementi che nel nostro Paese hanno una mentalità diversa dalla nostra. Le parole di Gesù ai Suoi discepoli sono lì per ricordarci cosa devono attendersi i Suoi seguaci: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi».
JOSEPH COUTTS (Cardinale Arcivescovo di Karachi)