“La condizione che è posta ai discepoli del Signore Gesù, per essere coerenti evangelizzatori, è di seminare segni tangibili di speranza.” (Papa Francesco). Lavorare al Centro di ascolto Caritas ti permette di vedere mille volti dell’umanità. Nel 2015 conobbi F.K., di origine croata membro di un nucleo storico rom di Fano, disoccupato, sposato con 3 figli. Manteneva la sua famiglia con lavoretti di fortuna e viveva in affitto in una casa trovata con l’aiuto della zia. Veniva in Caritas per avere aiuto e per cercare un lavoro stabile. I suoi problemi erano legati alla mancanza di un reddito sufficiente per provvedere alla famiglia. Va inoltre aggiunto che F.K. era analfabeta come sua moglie A.K. di origine macedone, in grado di parlare pochissimo l’italiano ed inoltre sprovvista di permesso di soggiorno.
Difficoltà. Nel 2016 vennero sfrattati da casa per morosità ed il servizio sociale del Comune di Fano si attivò per cercare una soluzione, istituendo un gruppo di lavoro ad hoc coinvolgendo le realtà che si occupano dei rom della città, tra cui la parrocchia San Cristoforo di Fano, la Caritas diocesana e l’associazione “Il Samaritano”. Come gruppo ci siamo incontrati spesso per aiutare questa famiglia nella ricerca di alloggio coinvolgendo i parenti di F.K. disponibili ad ospitarli nell’emergenza ma che non potevano farsene carico in maniera stabile. Improvvisamente la situazione peggiorò drasticamente perché F.K. venne arrestato e incarcerato a Villa Fastiggi con una pena da scontare di tre anni. La moglie A.K. si trovò da sola a gestire i tre figli con i pochi soldi che il marito le mandava grazie ai lavori fatti in carcere.
In quel periodo A.K. veniva spesso in Caritas a chiedere aiuto per varie necessità: cibo, pannolini, bombole del gas per cucinare, biglietti dell’autobus per la scuola dei figli o per andare a trovare il marito. I figli per un periodo hanno vissuto in un furgone ma in tutta questa incertezza A.K. ha dimostrato una forza enorme per gestire la famiglia. Il freddo dell’inverno si faceva sentire e l’igiene era precaria così il gruppo di lavoro, dopo essersi scontrato con i pregiudizi delle persone che non volevano affittare casa ad una famiglia rom e con i conflitti tra i diversi parenti, decise per un’accoglienza temporanea in un appartamento messo a disposizione dalla Caritas diocesana con contratto di affitto regolare.
Speranza. A.K. ha dimostrato grande capacità nella gestione della casa che ha custodito con cura, nel dedicarsi ai bambini senza trascurare gli aspetti dell’igiene e all’alimentazione e i cui risultati scolastici erano nettamente migliorati grazie all’aiuto di una educatrice domiciliare.
Da qualche mese F.K. è stato scarcerato e oggi la famiglia vive ospite in un cohousing (coabitazione) del comune di Fano per un anno. I problemi non sono risolti ma questa famiglia ci hanno insegnato cosa voglia dire aver speranza: un’ostinazione incrollabile per il bene e l’amore dei propri cari.
LUANA MASTROGIACOMI