Lungo il sentiero, l’Esploratore che va in avanscoperta lascia dei segnali al gruppo che lo segue. Due bastoncini incrociati ad un bivio indicano così la strada sbagliata, una doppia freccia suggerisce di accelerare, un cerchio di sassi con un sasso più grande nel mezzo segnala invece che “siamo tornati al Campo Base”.
I segnali di pista e altre avventurose astuzie hanno consentito agli scout clandestini dell’O.S.C.A.R. (Opera Scoutistica Cattolica di Aiuto ai Ricercati) di portare in salvo in Svizzera attraverso la Val Codera diverse centinaia di persone, famiglie, disertori, e dopo l’8 settembre anche gerarchi tedeschi in fuga il cui destino sarebbe stato altrimenti segnato. Ex-persecutori o perseguitati, non importa: una vita va sempre salvata. Questo era l’imperativo.
Per circa 17 anni, tra il 1928 e il 1945 questo gruppo di Scout che non si è rassegnato al decreto fascista che imponeva l’assorbimento di tutte le organizzazioni giovanili nell’Opera Nazionale Balilla, si è mantenuto fedele ai propri valori di libertà. Fedeli cristianamente e anche cristianamente ribelli. Molti pagarono cara questa fedeltà ribelle: Teresio Olivelli, proclamato Beato lo scorso anno, morirà nel campo di concentramento di Hersbruck nel 1945; Carlo Bianchi, il 12 luglio del 1944 nell’eccidio di Fossoli; molti altri, pur salvando la vita subiranno arresti, torture e violenze. Il giornale a cui diedero vita nella clandestinità, “Il Ribelle”, sotto la testata dove solitamente si indica la periodicità recava scritto “esce quando può”.
Quello che forse più di altro affascina della vicenda delle Aquile Randagie è che il loro contributo alla Resistenza sia stato il contributo di un gruppo di ragazzi, non organizzato, non strutturato, forte di scelte individuali, che hanno rifiutato ciò che li aveva rifiutati, e hanno promesso di durare “un giorno in più del fascismo”. In realtà la loro esperienza è durata ben oltre: ha plasmato, anche nella sofferenza, lo scoutismo italiano dalla rinascita nel dopoguerra ad oggi. Per questo, abbiamo deciso di contribuire alla produzione del film “Aquile Randagie” di Gianni Aureli, e di organizzare un incontro pubblico il prossimo sabato 5 ottobre alle ore 17 presso il Teatro Sperimentale di Pesaro: per regalare alla cittadinanza una storia importante, una vicenda che ha molto da dire alla società di oggi. Lo faremo con il pretesto di questo bel film, ma cercando di andare oltre, in dialogo con la cittadinanza che speriamo voglia partecipare.
Oggi Kelly, Baden, Cicca, Bufalo e gli altri ragazzi della Giungla Silente non ci sono più: l’ultimo a volare in cielo è stato don Giovanni Barbareschi, un anno fa in questi giorni. Ma i loro segnali di pista sono ben visibili ancora oggi. Le Aquile Randagie non sono morte, sono tornate al Campo Base.
FEDERICO VENTURINI