Era festa quel giorno. Tuo padre preoccupato era andato a pregare davanti alla tomba di San Paterniano a Fano. Tu avevi deciso di nascere due mesi e mezzo prima del tempo. Io lottavo per le nostre vite. Ti amavo da sempre. Quando ho sentito il tuo primo vagito una grande emozione mi ha percorsa tutta e ho gustato la bellezza e la gioia di essere donna e madre. I medici ti hanno dato le prime cure e poi ti hanno portato al centro prematuri. Ho voluto vederti, eri piccolo, indifeso, cianotico per le sofferenze del parto. Eri mio figlio e chiedevo al Signore aiuto perché potessi crescere bene. Il Signore ha fatto la sua scelta. Ho sofferto ma non ho mai smesso di essere tua madre, sempre ti cerco nello sguardo divino di ogni bimbo. Quando sei diventato un angioletto, ho sentito tutta la sofferenza di essere una mamma senza il suo bambino. Il Signore non mi ha abbandonato e mi ha dato la gioia di abbracciare e amare un altro bimbo e la bellezza di essere ancora madre e donna. Una bellezza e una gioia che non mi hanno mai abbandonato anche oggi che sono nonna di due nipotini meravigliosi. La mia vita di donna l’ho impostata insieme a mio marito mettendo al centro la famiglia: una famiglia con bambini. Con questa lettera mi rivolgo a te, mio piccolo angioletto, perché tu possa aiutare tutte le donne che rifiutano la maternità. Nella nostra società occidentale non c’è più spazio per i bambini. La donna è troppo impegnata dal lavoro, dalla cura di sé e dalla continua ricerca di nuovi idoli che sono propinati in ogni sito come beni di consumo. Si avverte la sensazione che la donna, per una sorta di cultura di libertà distorta, abbia rinunciato ad amare se stessa e a disconoscere la sua natura femminile. Pensiamo alla bellezza di dare alla vita un bambino, essere le protagoniste di un dono divino. Sentire una creatura crescere dentro di sé, … quale emozione! Essere generatrici di vita! Non c’è nulla di più grande!
Molte donne un poco prima del termine dell’età fertile pensano di avere un figlio. Per alcune va bene, per altre è troppo tardi. C’è anche chi ricorre all’utero in affitto per avere un figlio ad ogni costo, “costi quel che costi”. Allora si affittano donne dietro ricompensa, senza pensare alla persona che si presta a questo sfruttamento per evidenti condizioni di necessità economiche. In questi casi si disconosce il legame che s’instaura fin dal momento del concepimento tra madre e figlio. La simbiosi affettiva, gli scambi nutrizionali: due vite strettamente legate per nove mesi. Il bambino nasce, sarà accolto fra le braccia di un papà e una mamma che sapranno amarlo mentre la genitrice resterà solo fattrice. Quando il bambino saprà? Potrebbe essere insensibile, forse! Quale concetto avrà della persona? Un figlio è un dono e in quanto tale non si acquista. L’aspirazione a diventare mamma è il più bello e nobile dei sentimenti ma attenzione a non farlo diventare un sentimento che non tenga conto della persona. Persona è la donna che desidera diventare mamma, persona è la donna che offre il proprio corpo in affitto. Un atto d’amore per essere tale deve riconoscere nell’altro la persona.
Caro angioletto, oggi avresti compiuto quarantadue anni e forse saresti un papà, mi rivolgo a te perché tu possa essere d’aiuto alle tante donne che hanno paura della maternità. Che sappiano accettare il loro essere donna generatrice di vita, inoltre aiuta a comprendere che un bimbo è sempre un dono di Dio, come tale si accoglie e si ama ma non si compra.
Ti voglio bene. La tua mamma.
ROSANNA GUERRA