
Nel dicembre scorso il Comune di Pesaro ha nominato Fabrizio Battistelli come nuovo presidente del consiglio d’amministrazione dell’Ente Olivieri, istituzione ‘storica’ della città Pesaro. Rimarrà in carica per 5 anni insieme agli otto consiglieri provenienti dal mondo della cultura pesarese: Anna Cerboni Baiardi, Camilla Falcioni, Marcella Tinazzi, Enrico Capodaglio, Marco Rocchi, Maria Chiara Mazzi, Marcello Smarrelli, Costanza Raffaelli.
Quali sono gli obiettivi del nuovo Consiglio di Amministrazione da lei presieduto?
Si tratta di coniugare, avendo di fronte un patrimonio di storia, di memoria, di ricchezza artistica e culturale della portata della Biblioteca e del Museo Oliveriani, la conservazione di questa ricchezza e la sua diffusione. Quando ci viene tramandato dal passato un tale tesoro di conoscenze e di valore, la prima cosa da fare è mantenerlo, la seconda è seguire la parabola evangelica di non sotterrare e tenere nascosto il talento, bensì di mostrarlo e farlo fruttare.
Quali iniziative intendete portare avanti?
Innanzitutto intendiamo proseguire l’attività di esternazione dei tesori della Biblioteca già praticata in passato. Possiamo sicuramente riprendere alcune idee e aggiungerne di nuove. Tra quelle che hanno avuto successo c’è il “Salone della Parola”. Si è trattato di un’occasione di confronto fra gli studiosi che ha portato a Pesaro un contributo di sapere e di dibattito di alto livello, precedendo iniziative simili che sono andate poi diffondendosi in tutta Italia. Sarebbe bello rivitalizzare un progetto che indubbiamente ha i suoi aspetti impegnativi di tipo organizzativo e finanziario ma che certamente tornerebbe a valorizzare l’immagine della città.
Quali sono i tesori ‘nascosti’ dell’Oliveriana?
Ci sono dei veri e propri tesori, dal punto di vista del pregio e del significato storico artistico che possiedono, non sempre adeguatamente conosciuti. Fra gli oltre 400 mila volumi ci sono incunaboli, cinquecentine, seicentine di inestimabile valore e disegni, mappe, pergamene, opere d’arte. Il famoso disegno di Raffaello, naturalmente un bene unico, nella sua semplicità è uno studio che porta evidente la mano del Maestro. Questi giorni di anniversari (Leonardo, Raffaello), in cui si rinnova l’interesse per l’arte rinascimentale, potrebbero essere l’occasione per far conoscere l’esistenza di questo e di altri tesori contenuti nella Biblioteca Oliveriana.
Ciò richiede investimenti finanziari.
Una Fondazione culturale come l’Oliveriana ha ovviamente una specificità e una natura non commerciale. In quanto tale ha due fonti di finanziamento, la prima è pubblica, affidata all’istituzione di rappresentanza e di governo della città di Pesaro. In fondo era quanto voleva il testatario, Annibale degli Abati Olivieri, destinando il suo ricco patrimonio alla “patria”, cioè alla comunità cittadina. Questa oggi è rappresentata dal Comune, al momento il nostro fondamentale interlocutore. Contemporaneamente l’altra componente significativa può essere quella privata. In una prospettiva di riscoperta e partecipazione al patrimonio immateriale, ma non per questo meno importante, rappresentato dalla storia, dalla cultura e dall’arte, emerge il modello americano. Il prototipo del comportamento benevolente dell’imprenditore, della famiglia, dell’impresa, che intende riconoscere l’importanza e la gratitudine nei confronti del proprio territorio.
Che cosa insegnano la storia e la tradizione romana e preromana? Lei ha parlato di un incontro avente come oggetto le mura romane.
Tutti gli studi condotti sulle fondazioni delle città mostrano la grande saggezza dei Romani che costruivano in modo razionale, capace di combinare la dimensione della sicurezza con quella dell’apertura allo spazio esterno e quindi alle coltivazioni al commercio, al mare, all’accoglienza di popolazioni diverse. Pesaro nasce direttamente come colonia dei Romani, per deduzione di cittadini della repubblica. La loro concezione civica, di grandissima attualità, è sintetizzata dalle loro mura, che non erano semplicemente una recinzione eretta a difesa nei confronti dell’ambiente circostante ma un limes, una soglia attraverso la quale si entra e si esce. Non a caso la città era scandita dalle porte in quanto i Romani costruivano le mura ma anche altri due fondamentali elementi urbanistici, le porte e le strade, quest’ultimo l’apporto storicamente più importante ed originale. L’idea fondamentale è di collegare tra loro i territori, nel nostro caso la via Flaminia. Accanto alle vittorie militari, alle distribuzioni di grano, accanto alla politica interna ed esterna l’imperatore Augusto è fiero di ricordare che, console per la settima volta, ricostruì la via Flaminia. Questo per i Romani era un abbinamento decisivo: le mura, le porte, le strade. Tutto ciò è di grande significato oggi, dove l’attenzione politica è più spesso concentrata sugli elementi di interdizione e separazione. Mi sembra quindi interessante l’idea di un incontro culturale, ad esempio di una tavola rotonda da organizzare come Fondazione Olivieri proprio quest’anno che vede cadere il 30° anniversario dell’abbattimento del muro di Berlino.
Lei raccoglie un’eredità importante, un incarico che fu anche di Scevola Mariotti…
Sono estremamente orgoglioso ma anche un po’ pensieroso per questa responsabilità che condivido con il nuovo Consiglio di Amministrazione, peraltro formato tutto da specialisti di valore. La sfida è di essere all’altezza, di riuscire a comporre qualche dissidio che si è verificato negli ultimi tempi tra anime che non possono non operare in sintonia, come la città e chi la rappresenta da un lato e, dall’altro, la Fondazione che ha un proprio profilo, una storia, una sua realtà autonoma da far conoscere e sviluppare. Nel paragone con il passato siamo confortati da quella metafora coniata nel Seicento francese per chiudere una volta per tutte la polemica se fossero più degni di stima gli antichi oppure i moderni. Rispetto agli antichi i moderni sono dei nani, ma possono anche guardare più lontano perché si appoggiano sulle spalle dei giganti.