Si è svolto dal 7 al 9 settembre il convegno organizzato dall’Associazione culturale Itinerari e incontri dal titolo: “Repubblica democratica “affondata” sul lavoro. L’Italia nell’epoca del precariato globale” coordinato dal Prof Luigi Alfieri. Ci si interroga su come l’emancipazione del lavoro, fondamento identitario dei partiti politici di massa europei, pare non aver quasi lasciato traccia a fronte di un’idea di “modernità” coniugata con flessibilità e precariato.
Scelte. Una situazione di crisi del lavoro che non è tuttavia un buco nero che ci inghiotte ma un fenomeno multiforme che presenta varie possibilità di resistenza e scelte da mettere in atto a partire da quel poco che ognuno può fare. Carlo Trigilia, sociologo dell’Università di Firenze, consiglia di trarre indicazioni utili dall’assetto istituzionale dei Paesi che hanno perseguito uno sviluppo più inclusivo che diminuisca le disuguaglianze sociali. Francesco Garibaldo, ricercatore nell’ambito di economia e lavoro, di fronte alla frammentazione del lavoro auspica nuove tecniche di management sulle cui esigenze sincronizzare il lavoratore. Per Gianluigi Storti, responsabile dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro della Diocesi di Pesaro “rimettere al centro il lavoro significa innanzitutto ridefinire un linguaggio chiaro e condiviso”. Vi è una moltitudine di contratti determinati e flessibili che precludono oggi ai giovani la progettazione del futuro, provocano incertezza e scetticismo mentre la fuga verso l’estero in cerca di opportunità appare la soluzione più immediata. Apre una finestra di maggiore ottimismo l’imprenditore Livio Bertola affermando che il punto di forza della democrazia è di riconsiderare le scelte sbagliate per emendarle. Ispirandosi all’insegnamento di Chiara Lubich tenta nella sua impresa familiare di costruire un mondo più fraterno, punta a un’aggregazione estesa tra imprenditori e professionisti ma anche con studenti, lavoratori, casalinghe, pensionati e disoccupati al fine di sviluppare circuiti virtuosi e combattere la società del conflitto. Il suo motto è una frase di Aristotele: “la virtù è più contagiosa del vizio”.
Bibbia. Ha chiuso gli interventi con uno sguardo inedito di grande efficacia la pastora battista Lidia Maggi. Il racconto biblico che si apre con l’atto creativo di Dio e la chiamata dell’essere umano al lavoro, ne racconta i mutamenti epocali. Le chiese, afferma in estrema sintesi, hanno tutte una funzione educativa anche all’interno di un modello imprenditoriale. Siamo corresponsabili dei danni sociali ma da questo può nascere qualcosa di buono se impariamo a guardarci dentro, ad educare noi stessi prima delle nuove generazioni. E offre un messaggio che ha del profetico: “Si inventeranno qualcosa, perché hanno uno sguardo inedito sul mondo e hanno competenze tecniche che ci spiazzano: sono loro che iniziano ad essere i nostri maestri”.