Don Guido Spadoni, il nostro Cappellano, qualche anno fa lo avremmo chiamato prete di strada, pretaccio (come quelli del libro di Candido Cannavò), o prete di serie C, come ama definirsi spesso lui stesso, oggi credo che possiamo semplicemente caratterizzarlo come un prete nel segno di Papa Francesco. E questa è una grande fortuna. I luoghi di Francesco:dalla Chiesa in uscita all’ospedale da campo, dalla (in)cultura dello scarto alle periferie esistenziali, dall’ecologia integrale alla centralità della persona, gli si addicono, infatti, con straordinaria naturalezza. Ordinato sacerdote nel 1966, (nel numero di settembre di due anni fa abbiamo ricordato i cinquant’anni dalla sua ordinazione) Don Guido è cappellano a Fossombrone dal 1998, esattamente vent’anni fa, quando aveva già all’attivo una fama di prete scomodo, per le sue scelte controcorrente. Basti ricordare l’amore per la Parola di Dio, la condivisione della sua casa con un gruppo di disabili, il lavoro in fabbrica come prete operaio, la collaborazione con il mitico Seminario per vocazioni adulte di Via Malvezzi a Fano o l’attiva partecipazione alle prime stagioni della Rassegna “Itinerari ed incontri” che si svolgevano all’Eremo di Monte Giove, collaborando con personaggi del calibro di Pietro Ingrao, Rossana Rossanda, Adriana Zarri, Gianni Vattimo, Paolo Ricca, Benedetto Calati – che assistette, come un figlio, fino alla morte – ed altri. Prima di lui il ruolo di Cappellano della Casa di reclusione di Fossombrone, era di fatto scoperto, e Don Guido lo ha completamente reinventato, con una presenza e una personalità davvero fuori dal comune. Da un lato ha acquisito la stima delle istituzioni carcerarie e giudiziarie per le quali è diventato un indispensabile punto di riferimento e dall’altro ha fatto letteralmente irruzione nel cuore dei detenuti, a cui non ha fatto mai mancare, oltre all’affetto e al sostegno psicologico o religioso, ciò di cui primariamente necessitavano, proponendosi altresì come ponte comunicativo con le famiglie e il mondo esterno.
La sua messa domenicale è diventata un cult, un appuntamento imperdibile per tutti i detenuti, ma la sua attività di cappellano non cessa neanche dopo aver varcato la soglia del carcere, in quanto è solito ospitare nella sua casa di Montebello di Orciano – in cui è anche parroco – detenuti in permesso premio o ricongiungimento famigliare e i loro parenti in visita colloquio, diventando una sorta di garanzia per la stessa magistratura di sorveglianza. Ha voluto fortemente la nascita del volontariato all’interno dell’istituto, cooperando con me alla costituzione dell’Associazione Mondo a Quadretti. La sua presenza in carcere è stata costellata da momenti straordinari che è impossibile ricordare tutti, ma citarne alcuni è doveroso: la visita del Cardinale Raffaele Martino, allora Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, la partecipazione – insieme ad alcuni ad alcuni ragazzi ristretti Fossombrone – ad importanti convegni nazionali ed internazionali, l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica insignitagli dal Presidente Ciampi su istanza di un gruppo di detenuti, la visita a Papa Francesco a Santa Marta, a cui ha consegnato una copia della nostra rivista, la partecipazione a Roma, sempre insieme ad un gruppo di detenuti, al giubileo delle persone private della libertà, tenutosi a conclusione del Giubileo straordinario della misericordia, indetto da Papa Francesco. Ma come non ricordare anche le intense messe con il Vescovo Armando celebrate nella rotonda dell’Istituto nei giorni di Natale e Pasqua e, negli ultimi anni, la liturgia in coena domini con la lavanda dei piedi a dodici detenuti: sei di ponente e sei di levante? Questo solo per citare alcuni esempi, perché la sua attività, oltre ad essere continua ed instancabile, ha anche il pregio di svolgersi in silenzio e al di fuori della luce dei riflettori, anche se questo, vista la sua straordinaria personalità, non è sempre possibile. Don Guido gode della incondizionata stima e affetto della Direzione, del Commissario Capo, degli Educatori, di tutti gli operatori e di tutti i detenuti della comunità della comunità carceraria di Fossombrone, che gli ha sempre manifestato grandi dimostrazioni di simpatia, ma credo che l’episodio più toccante e significativo sia avvenuto lo scorso giugno, quando don Guido è stato ricoverato in ospedale e il suo capezzale è stato letteralmente inondato dalle lettere e dai messaggi che gli sono arrivati sia dagli operatori della Casa di reclusione che da tutti i detenuti, i quali gli hanno evangelicamente intimato: “Alzati e cammina! Abbiamo bisogno di te!” E allora, carissimo Don Guido, grazie davvero! Grazie di tutto, grazie per i tuoi primi vent’anni aFossombrone, tra di noi, per noi, con noi.
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Grazie don Guido di esistere, ricordo ancora con tanta nostalgia il giorno del mio matrimonio da Te celebrato il 23 settembre del 1973 a San Biagio. Grazie ancora Davide e Simonetta
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