Montemaggiore è un piccolo paese ricco di sorprese. L’antico castello feltresco dall’invidiabile vista che si allarga nella suggestiva vallata del Metauro giù fino al mare, ha saputo trasformare ogni angolo, casa o edificio storico in racconto del suo passato. Lo si comprende se si segue a piedi l’itinerario che parte dal Museo storico “Winston Churchill” aperto nel 2004 nella ex chiesa barocca della Madonna del soccorso, per raggiungere il cocuzzolo della collina. Passato antico e recente si intrecciano di continuo. La targa con la scritta “Belvedere Churchill”, nella piazza dominata dal settecentesco Palazzo comunale, e infine le due grandi lapidi più in alto, nello storico borgo a cui si accede per una lunga scalinata attraverso la porta della Torre civica, ci ricordano che qui si organizzò e combattè la più lunga offensiva contro i tedeschi, appostati dietro la Linea gotica. Il 25 agosto del 1944, alla vigilia dei tre giorni di fuoco che costarono alle truppe alleate quasi quattromila morti, gli abitanti di Montemaggiore uscirono dalle cantine dove si erano rifugiati durante i bombardamenti per dare il benvenuto a un distinto signore panciuto, con casco e sigaro in bocca, Winston Churchill appunto, e a un più alto e slanciato generale Alexander.
L’ultra centenaria Maria Scarpetti, intervistata all’inaugurazione del Museo, ricordava con sorprendente lucidità il pranzo preparato per il primo Ministro e lo Stato maggiore sull’aia davanti alla sua casa colonica “sotto due grossi mori”. Quel pranzo venne annotato dallo stesso Churchill nelle sue memorie, in cui scrisse anche che lo stesso pomeriggio fu attraversata la sponda del fiume Metauro, dove “la disfatta di Asdrubale aveva deciso il destino di Cartagine”. Il giorno dopo ebbe inizio l’operazione “Olive”. Queste preziose testimonianze sono state raccolte insieme ad armi, divise, equipaggiamenti, fotografie e documenti vari nel Museo storico, con il proposito di far conoscere alle giovani generazioni la realtà di una guerra che venne combattuta anche qui e vissuta in prima persona, con tutti i suoi orrori, dagli abitanti del paese e di quelli vicini.