Caritas: un esercito di volontari e
300mila Euro al servizio dei poveri
Cambio alla direzione della Caritas diocesana di Pesaro. L’Arcivescovo Piero Coccia ha scelto il diacono permanente Emilio Pietrelli, già vicedirettore dell’organismo pastorale, che subentra così a don Marco Di Giorgio che ne era alla guida dal 2008. Abbiamo provato a tracciare un bilancio con i diretti interessati.
Don Marco: «Otto anni intensi ma di crescita»
Don Marco come definiresti questi otto anni di servizio come direttore della Caritas?
Intensi e drammatici. Sono arrivato alla Caritas nel 2008, in coincidenza con l’inizio della crisi economica. Ma sono stati anche anni di grande crescita della sensibilità delle nostre comunità cristiane. Molti pesaresi si sono fatti avanti per dare una mano e nel tempo la Caritas è cresciuta riuscendo a strutturare e collegare le Caritas parrocchiali.
Ci puoi dare qualche numero?
Forse il più significativo riguarda il bilancio che nel 2008 era di 40mila Euro mentre oggi è di circa 300mila Euro compresi i progetti dell’8×1000 di Caritas Italiana. Questo significa che oggi possiamo offrire una miriade di servizi che attualmente fanno capo al Centro d’Ascolto: il magazzino del vestiario, l’ambulatorio medico, il servizio di assistenza legale, dell’assistente sociale, il pagamento delle bollette. Per quanto riguarda la mensa dei poveri possiamo dire che oggi serviamo mediamente 100 pasti giornalieri.
Per muovere questa macchina della solidarietà quante persone occorrono?
Molte. E tante altre ne servirebbero. Ad oggi siamo circa 100 nella struttura centrale (quasi tutti volontari ndr). Se a questi aggiungiamo gli operatori delle Caritas parrocchiali il numero cresce in maniera esponenziale.
Insomma un piccolo esercito della solidarietà.
La crisi ha scosso le coscienze di molti che si sono sentiti chiamati a fare. Abbiamo scoperto il cuore dei pesaresi che non amano farsi pubblicità quando fanno le cose. E poi ci sono i giovani. Quest’anno abbiamo sensibilizzato le scuole e avviato il Caritas Camp. Il mondo giovanile è davvero la scommessa del futuro.
E le istituzioni?
Hanno un ruolo importante e una maggiore consapevolezza. I servizi sociali del Comune, la Fondazione Caripesaro, i Lions Club i Rotary e le banche, una su tutte la Banca di Credito Cooperativo di Pesaro. Si sono resi conto del lavoro della Caritas e si sono messi in sinergia. Tra i vari “miracoli” ad esempio sul fronte dell’accoglienza dei senzatetto, si è passati da Casa della Speranza a Fosso Sejore a Casa Tabanelli. Non posso poi dimenticare l’aiuto ricevuto dalle associazioni come “La Città della Gioia” e i “Bambini di Simone” che ci ha consentito di varare il progetto “Abbraccia un bambino”, una sorta di adozione a distanza per le famiglie pesaresi in difficoltà. Ed ancora le circa 30 borse lavoro attivate per dare una piccola risposta all’emergenza disoccupazione. Abbiamo avuto anche una grande richiesta per i servizi socialmente utili. L’ultimo “miracolo” in ordine di tempo è l’apertura della casa per padri separati a Borgo S. Maria.
Concretamente come è stato possibile in questi 8 anni coagulare intorno alla Caritas tutte queste risorse?
Gran merito va al Convegno diocesano del 2010 dal titolo “Educarsi ed educare alla carità”. La Chiesa di Pesaro ha scelto allora di dedicare l’intero anno pastorale a questo tema. Sono nati da qui i corsi di formazione con lo scopo preciso di cercare nuovi volontari adeguati alle sfide del momento. Ed è significativo che questi corsi abbiano ancora oggi una media di oltre cento iscritti all’anno. Abbiamo avuto poi ottime persone a darci una mano come Matteo Donati, Andrea Mancini, Giorgio Filippini, Miria Lazzari… E poi ci sono tanti cittadini anonimi che ci sostengono con generose donazioni.
Ciclicamente anche a Pesaro c’è chi vi accusa di occuparvi solo degli stranieri…
In questi anni è cambiata la tipologia degli “utenti” Caritas. Oggi siamo quasi a metà tra poveri italiani e stranieri. In realtà da sempre la Caritas si occupa dei bisognosi senza guardare la loro provenienza.
Cosa è mancato in questi anni?
Le strutture dove poter svolgere il nostro servizio. Ci sono tanti stabili vuoti ma la burocrazia non consente il loro utilizzo così abbiamo dovuto ad esempio accasare il magazzino del vestiario in uno spazio non idoneo come il S. Giovanni. Abbiamo anche accantonato progetti già pronti come l’emporio della solidarietà che avrebbe consentito alla gente di fare la spesa…
Perché cambiare il direttore quando la marcia è così ben ingranata?
Potrei rispondere come gli scout: “il gioco va interrotto quando è al livello massimo e non quando ci si è stancati”. In realtà si tratta di un normale avvicendamento in un’ottica di servizio ed è giusto che sia il laicato, e in questo caso un diacono come Emilio, a proseguire la strada.
L’Arcivescovo ora ti ha affidato l’Ufficio liturgico, diaconato e ministeri. Cosa significa in concreto?
Anzitutto si tratta di raccogliere l’eredità di don Gino Rossini che aveva fatto tante cose importanti a livello di animazione liturgica. Si tratta di tutti i servizi della diocesi, da quelli più strutturati come il diaconato permanete (13 persone in diocesi) a quelli di fatto come chierichetti, ministri dell’eucarestia (oltre 100), direttori cori… Portare la comunione alle persone ammalate o anziane nelle case non è un mondo che fa chiasso ma serve a far crescere una meravigliosa foresta.
Emilio: «Consolidarci per crescere ancora»
Emilio anzitutto una breve presentazione.
Sono marito, padre e nonno con una lunga esperienza nel mondo del lavoro legata all’autotrasporto. Nel 2011 sono stato ordinato diacono permanente in servizio a Candelara-Arzilla ed oggi con una presenza anche a Mombaroccio. Negli ultimi 3 anni sono stato vice direttore di Caritas e come membro dell’equipe ho sempre seguito le attività.
Quali saranno i tuoi primi compiti da direttore?
Il lavoro svolto in questi anni da don Marco ha un grandissimo valore. Per cui, dopo essermi confrontato anche con l’arcivescovo, abbiamo pensato di lavorare soprattutto per consolidare quanto realizzato. Come premessa gli operatori Caritas devono farsi la domanda sul perchè svolgono questo servizio. Si tratta di una risposta ad una chiamata. In una logica di servizio come vocazione alla carità. La canonizzazione recente di Madre Teresa come modello per i volontari è per me particolarmente preziosa.
Cosa va potenziato quanto già fatto?
Come diceva don Marco, la scommessa per il futuro sono i giovani. Penso quindi alla funzione educativa e pedagogica della Caritas. Vorrei puntare molto sull’educare i giovani alla relazione con i fratelli. Mi ha colpito, girando nelle scuole, come tanti giovani non sapessero nulla della Caritas e come subito si siano interessati. Punterei anche sulla pastorale intergrata per intercettare ad esempio i ragazzi che hanno partecipato alla Gmg di Cracovia. Occorre poi implementare il lavoro delle Caritas parrocchiali seguendo la logica che le prime opere di misericordia sono sul posto. Non bisogna accentrare tutto sul Centro d’ascolto ma ciascuna Caritas parrocchiale deve provvedere al suo territorio. Abbiamo anche la sollecitazione a crescere ulteriormente insieme alle istituzioni visto che l’obiettivo è comune. Senza dimenticarsi mai che la mission della Caritas dovrebbe essere la voce dei poveri in un ruolo di costante stimolo alle istituzioni
E nell’immediato?
Ci sarà un impegno per i terremotati perché se nell’emergenza arriva la protezione civile poi alla Caritas è chiesta l’animazione delle comunità e la vicinanza alle famiglie. Ci coordineremo con Caritas Marche e a breve avremo un primo incontro ad Ascoli.
A cura di Roberto Mazzoli