TESTAMENTO BIOLOGICO – MA DAL COMUNE NESSUNA VOCE
Lettera di Mina Welby al Nuovo Amico
Sono Mina Welby, nata in Alto Adige, provincia di Bolzano e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni. Mi è difficile capire le perplessità di fronte all’istituzione del registro per le disposizioni anticipate sui trattamenti sanitari nel Comune di Pesaro.
Si obietta che il nostro ordinamento non dà legalità alle disposizioni anticipate e quindi anche i registri sarebbero illegittimi. L’Italia è uno stato laico, dove l’articolo 13 asserisce che «la libertà personale è inviolabile» e all’articolo 32 al secondo comma dice che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
I comuni che istituiscono il registro per le disposizioni anticipate sui trattamenti sanitari (DAT) non fanno altro che essere come istituzione prossima accanto ai cittadini. Su questo campo così personale, molti sentono lo stato davvero lontano, che non legifera su diritti già tutelati dalla Costituzione e che ogni buon medico è tenuto a rispettare. I registri dei comuni per le DAT siano un monito per il parlamento.
Per questo chiedo anche al Comune di Pesaro di istituire il registro per le DAT. Aggiungo che le disposizioni anticipate sui trattamenti sanitari o, che dir si voglia, il testamento biologico non hanno nulla a che fare con il voler morire, anzi sono un aiuto alla vita, per cui in certe situazioni estreme la morte resta l’ultima speranza per l’approdo alla vita a cui proprio i credenti aspirano.
Alla fine una persona può rilasciare anche la dichiarazione di voler sopravvivere in uno stato di totale incapacità e dovrà essere esaudita e avere tutte le cure necessarie.
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Gentile signora Welby, come lei ricorda l’Italia è uno stato laico, ma non per questo è privo di valori, visto che lei stessa ricorda che la costituzione garantisce e tutela i diritti dei cittadini. In primo luogo la cittadinanza si esercita nel rispetto delle leggi vigenti e perciò ricordare a tutti che le direttive anticipate non hanno alcuna valenza legale è segno di onestà. Per rispettare la persona umana e operare nello spirito di quello che lei scrive non è affatto necessario redigere delle dichiarazioni anticipate di trattamento perché ogni buon medico è in grado di dare valutazioni adeguate in ordine a trattamenti proporzionati e rispettosi della condizione del proprio paziente. Ma perché negare che finora si sono incrociati i progetti per legalizzare l’eutanasia, il suicidio assistito e le direttive anticipate? Perché fingere di non sapere che il nodo di tutta la questione passa attraverso la questione di che cosa poi concretamente uno può chiedere o rifiutare fuori dall’esperienza diretta della sua condizione? Perché ingannare i cittadini presentando le direttive anticipate come la soluzione di problemi che sono complessi e toccano anche i doveri dei medici di non abbandonare i propri pazienti e di farsene carico in scienza e coscienza? Chi ritiene che sia sbagliato istituire a Pesaro questo registro non vuole imporre niente, non vuole togliere nessun diritto, ma ribadire che è nel rapporto medico paziente e non nella burocrazia che si possono trovare risposte adeguate alle problematiche del fine vita.
Infine non possiamo far altro che registrare l’assordante silenzio del gruppo consiliare di maggioranza pesarese nei confronti delle numerose voci “laiche” che hanno parlato attraverso il Nuovo Amico. Infatti sarebbe stato logico ricevere questa lettera da quei rappresentanti eletti per il Partito Democratico pesarese che stanno per portare al voto tale mozione. Perché invece si è fatto sentire il movimento radicale che oltretutto a Pesaro non siede neppure in Consiglio comunale? In attesa di poterci confrontare con chi di dovere salutiamo cordialmente
La direzione