UNA FINESTRA APERTA SUL SEMINARIO REGIONALE DELLE MARCHE
Quando ti capita di parlare con qualcuno dicendogli di essere in seminario molti occhi si sgranano in un misto di incredulità e stupore; ma quando poi, superate le classiche curiosità di circostanza, specifichi che il cammino formativo dura in via ordinaria sette anni raggiungi le espressioni più buffe e divertenti. La domanda che emerge è chiara: ma ci vuole tutto questo tempo per farsi prete? che fate sette anni lì dentro? Allora è questa l’occasione buona per raccontarvi quello che il percorso formativo prevede per noi negli anni di seminario.
Il percorso segue le indicazioni riportate nel documento dei Vescovi Italiani “La formazione dei presbiteri nella Chiesa Italiana. Orientamenti e norme per i seminari” del 2006 e si snocciola attorno a quattro grandi dimensioni: la formazione spirituale, che costituisce il cuore che unifica e vivifica la vita e la formazione dei futuri presbiteri a partire dalla condivisione dell’esperienza del mistero pasquale di Cristo Pastore, sotto l’azione dello Spirito Santo (n°80); la formazione umana, che merita una particolare attenzione perché l’umanità del prete è “la normale mediazione quotidiana dei beni salvifici del Regno” (n°90); la formazione intellettuale, che si fonde strettamente con le altre per farsi sempre più indispensabile strumento per le sfide poste dalla nuova evangelizzazione (n°95); infine la formazione pastorale, fine di tutta la formazione che orienta i candidati agli ordini sacri “a comunicare alla carità di Cristo buon Pastore” (n°101).
Il tutto si apre con un tempo (ameno un anno) di discernimento nella comunità propedeutica, che ha vita a sé stante, pur condividendo per necessità di spazi alcuni momenti con la comunità del Maggiore. Durante il tempo propedeutico si viene introdotti alla vita di preghiera, alle dinamiche della formazione, alla conoscenza di sé e si ha un primo approccio alle discipline filosofiche e teologiche. L’obiettivo è giungere ad una prima chiarezza sulla propria vocazione, verificandone le motivazioni, confrontandosi con la propria umanità e con la figura del presbitero secondo l’attuale sensibilità ecclesiale (n°47 ss). Alla conclusione di questo tempo iniziale la richiesta ufficiale di entrare in seminario segna l’inizio del cammino di seminario vero e proprio, che si struttura, nell’arco di sei anni, in tre bienni ma, comunque, con specificità per i singoli anni.
Il primo biennio ha come finalità l’inserimento nella comunità del seminario, nelle relazioni educative, nella vita spirituale e fraterna, ponendo le basi del cammino formativo successivo. Si caratterizza per una forte attenzione alla formazione umana e per l’inizio dello studio delle discipline teologiche. Il seminarista in questi anni è aiutato ad interrogrsi sul proprio orientamento verso la vocazione al Presbiterato in una sequela di Cristo sempre più libera e radicale che porta i seminaristi del primo anno a emettere la personale professio fidei e i seminaristi del secondo anno all’ammissione tra i candidati agli ordini sacri, resa visibile anche dal dovere di indossare il “colletto bianco”.
Il secondo biennio è caratterizzato dall’inizio del tirocinio pastorale in una comunità della Diocesi di provenienza. La formazione pastorale diviene centrale, mentre continua l’approfondimento sull’identità di presbitero che il seminarista si prepara ad assumere in maniera sempre più piena. Il cammino si struttura attorno alla centralità della Parola e dell’Eucaristia di cui ci si prepara a diventare ministri alla fine del terzo anno come Lettori e alla fine del quarto come Accoliti.
Il terzo biennio, il più intenso dal punto di vista del coinvolgimento spirituale, vuole aiutare i seminaristi ad accogliere con gioia e responsabilità profonda l’Ordine del Diaconato e del Presbiterato che si accingono a ricevere a conclusione del cammino del quinto e del sesto anno formativo. E’ il biennio in cui si conclude l’iter degli studi quinquennali, ma non la formazione: questa resta un impegno permanente e non può dirsi conclusa al termine dei pochi anni del seminario. In quest’ultimo biennio cresce progressivamente il coinvolgimento nel tirocinio pastorale che i seminaristi vivono protesi verso l’inserimento nel Presbiterio diocesano.
Tutto questo percorso ha sempre come scopo la conformazione alla carità pastorale del Buon Pastore, verso cui il cuore di ciascun seminarista è chiamato a donarsi, non dimenticando la dedizione alla Chiesa e al servizio dei fratelli, in una struttura umana e pastorale che sappia rispondere alle attuali necessità missionarie di annuncio ed evangelizzazione, saldi nella fede e nella radicalità che il vangelo porta nella vita di ogni uomo.
“Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano” (Os 11,3): questo fa Dio con noi in questi anni. A noi è chiesto “solamente” di lasciarci portare da Lui.
Ci vediamo il prossimo mese! A presto!
Federico Rango (diocesi di Jesi)
(foto: icona della Trasfigurazione nella Cappella del seminario)