MARCIA MISSIONARIA PRESIEDUTA DALL’ARCIVESCOVO PIERO COCCIA
Nelle “periferie esistenziali” di Pesaro
Venerdì 24 Ottobre alle ore 21, partendo dalla Chiesa di S. Croce in Via Lubiana, a quella di S. Luigi Gonzaga in via Brandani, si è svolta la marcia missionaria sotto lo slogan: “Periferie cuore della missione”. Durante la marcia, è stato possibile ascoltare le parole di Papa Francesco tratte dall’Evangeli Gaudium” ed insieme a canti e preghiere, vi sono state alcune testimonianze presentate dai giovani delle nostre Comunità Parrocchiali, dai Gruppi, Associazioni e Movimenti presenti sul nostro territorio e da chi vive l’andare verso le “periferie esistenziali” facendosi carico ed accompagnando coloro che vivono ai margini. La marcia è stata presieduta dall’Arcivescovo Piero Coccia e si è conclusa con la rinuncia alla cena per donarla ai poveri del mond.
L’Imprevisto “sgarruppato” di don Gaudiano
Alla fine degli anni 70, ma anche intorno agli anni 80 e 90 un bel gruppo di giovani grazie all’amicizia vissuta con Don Gianfranco Gaudiano, al suo insegnamento, alla sua testimonianza fecero nascere diverse strutture, esperienze, luoghi affinchè potessero rappresentare opere di aiuto, di accoglienza, di cura per tantissime persone a vario titolo e modo sfortunate, bisognose, emarginate. Una di queste opere fu ed è “L’Imprevisto” che tramite diverse comunità accoglie ragazzi devianti e tossicodipendenti.
Don Gaudiano per primo l’ha fatto, ci ha fatto vedere come si fa ad andare verso l’altro, ad abbracciarlo: noi gli siamo andati dietro. Ripeteva spesso una frase della Bibbia: “Non dimenticate l’ospitalità, perche, praticandola, alcuni, senza saperlo, hanno accolto degli angeli”.
Sì, in tutti questi lunghi anni davvero abbiamo accolto e vissuto con numerosissimi angeli.
Ed in più, cosa abbiamo visto, capito, incontrato ancora? Abbiamo visto e capito che la persona è tutto. Il suo cuore, il suo desiderio di vita sono tutto e bastano questi.
La persona non è mai il suo passato, il male compiuto o ricevuto, l’errore commesso, la condizione vissuta. Essa è un essere che attende un destino grande, una chiamata, un compito. Attende uno sposo d’eccezione che gira per le vie del mondo e che grida a tutti di aver preparato un banchetto nuziale ultrabellissimo ma tutti gli rispondono che non possono, che non possono più, che non ce la fanno… allora si ferma davanti a te e davanti a me e dice: “vieni tu, con te farò una grande cosa, con te che sei il più povero, il più sgarrupato, che non sai leggere e scrivere, vieni tu! Sei tu quello che ho sempre atteso!”La persona, insomma, attende e cerca una chiamata. Una chiamata che c’è, che c’è sempre, uno sposo che pensava non potesse esserci ma che c’è.
Tanti, soprattutto giovani non vedono più che nella realtà c’è una presenza, una Presenza.
Ecco allora che la questione non è più quella della capacità, della riuscita, della conquista, del potere; ma quella dell’amore… Un incontro, un imprevisto appunto. Una sorpresa sempre nuova, sempre grande.
Noi abbiamo incontrato Don Gaudiano… Siamo stati incontrati, chiamati.
Abbiamo capito che il punto è stare con persone che ti dicono: tu sei, tu vali! Tu sei la cosa più preziosa che c’è al mondo. La realtà in assoluto più preziosa che è in tutto l’universo sei tu!
I giovani invece sembrano impiccati, prigionieri del risultato, della prestazione; sono così perché ad ogni buon conto lo sono anche gli adulti. Invece il punto è capire, essere insieme per aiutarsi a capire che il più povero sono io, Il più bisognoso sono io. Non gli altri, non chi io aiuto, chi io assisto. Il vero lavoro dell’uomo è il grido. Aiutarsi, testimoniarsi come si fa a gridare agli uomini e soprattutto a Dio che mi soccorra, che mi dia forza. Cerchiamo insieme se c’è qualcosa, Qualcuno che ci viene incontro e che abbracciandoci ci porta ogni sorta di dono, di grazia.
Così scopriamo che, contro ogni convinzione del passato, a dispetto di ogni sconfitta, ad onta di ogni sofferenza, siamo sempre stati amati, sempre voluti e per sempre saremo amati. Non siamo stati amati solo quando abbiamo incontrato certe persone, certi luoghi, ma sempre, da sempre.
Dio non ha mai abbandonato l’uomo, mai lasciato solo la sua creatura.
Desideriamo che tutti, a partire dai più sfortunati, dai più poveri, possano aspirare, giungere ad ogni altezza, ad ogni possibilità, ad ogni bene. Noi vogliamo giustizia: ma la giustizia più grande è che il mio cuore viva. Abbia, riceva continuamente la vita, una vita che non muore. Non una vita che mi do io, che mi costruisco io, ma che mi viene data da uno più grande di me. Le persone che soffrono allora, sicuramente, salveranno il mondo. Cioè salveranno te e me.
Silvio Cattarina