L’AVVOCATO DI URBINO SFREGIATA CON L’ACIDO TRA FEDE E PREGHIERA
Lucia Annibali: «dopo il male, la grazia di Dio»
E’ una Lucia Annibali che non ti aspetti quella che accetta per la prima volta un’intervista su temi molto intimi e personali come la fede, la spiritualità, la preghiera… “In realtà – ci dice – sono gli argomenti di cui più preferisco parlare, piuttosto che del resto di cui mi sono stufata. Queste sono cose che sento davvero e vi ringrazio che mi date la possibilità di parlarne pubblicamente per la prima volta”. Sorprende Lucia anche nella sua disponibilità all’incontro. Sceglie di venire lei nella nostra redazione in via Rossini lo scorso lunedì 9 giugno. Poco prima dell’intervista, in segno di ospitalità, le abbiamo preparato una brevissima visita guidata sotto la Cattedrale, alla scoperta dei meravigliosi mosaici paleocristiani di Pesaro. Poi è lo stesso arcivescovo Piero Coccia ad invitarla a salire in episcopio per una breve udienza privata. Lucia accetta con grande disponibilità. Manifesta tutta la sua forza e tranquillità anche se, ci dice “questo incontro con Il Nuovo Amico segna anche la prima volta che faccio due passi da sola qui, in città a Pesaro dopo quel 16 aprile 2013″. Il timore per la sua incolumità è ancora presente, ed è logico che sia così, “ma – ci dice – pian piano passerà anche quello”. Sorprende infine Lucia per le sue risposte immediate, frutto di una grande forza e maturità interiore. Un parlare diretto, a proprio agio senza false retoriche. Un tono dolcissimo nell’esporre i propri sentimenti, sempre gioioso e profondo. Solo per un momento l’emozione prevale e allora scorre una lacrima … “che non dovrebbe uscire”... dice con ironia. Una bellezza straordinaria che unita alla sua semplicità, la rende davvero sorprendente. Glielo facciamo notare e lei, per tutta risposta, ci spiazza un’altra volta. “Lo so che faccio questo effetto – ci dice – me lo dicono sempre tutti”. ________
La filosofa tedesca Hannah Arendt coniò l’espressione “banalità del male” riferendosi alla Shoah e all’annientamento del popolo ebraico. Anche chi ha pensato di aggredirti con l’acido voleva annientarti. Quanto ti ritrovi in questa definizione della Arendt?
Il male l’ho potuto toccare e l’ho visto molto chiaramente. Davvero posso dire che esiste. Ma ho sperimentato che il bene è molto più potente, anche se necessita di essere coltivato per fare in modo che si propaghi. Però si, è vero. Il male è banale perché è fine a se stesso e non ha risposte in sé. Non può trasformarsi in nulla di positivo, non può creare niente ma può solo distruggere. Non ha nulla da cui attingere come esperienza umana. Posso tuttavia affermare che la sconfitta peggiore per il male è proprio il bene.
La pensavi così anche prima dell’aggressione che hai subito?
Fino a che non tocchi con mano esperienze del genere, non riesci a pensare che possa esistere davvero una tale malvagità. Anzi forse non ti soffermi neanche più di tanto a rifletterci, se non in maniera superficiale. Invece quando ti incontri con la morte devi decidere se vuoi la vita oppure non la vuoi più. Ed è lì che cambia completamente la tua dimensione. Perlomeno questo è ciò che è successo a me.
Cosa sono per te la fede e la preghiera?
Io penso che la fede significa accogliere ciò che ti viene dato. Può essere una cosa bella oppure brutta. Nel mio caso mi è capitato un grande dolore fisico a cui veramente non si è preparati. Un dolore lungo che ti lascia debilitato e con tante incognite. Però se tu lo sai accogliere, lo accetti e lo ascolti vedi anche le possibilità e le occasioni che ci sono in tutto ciò. Per me la spiritualità e il rapporto con Dio è questo. Essere in contatto veramente con quello che ti viene mandato e vedere una grazia in questa esperienza.
Per molte persone la fede è un po’ un antidolorifico…
Sì ma più che altro il fatto è che uno chiede sempre: “ ti prego dammi questo, fammi quest’altro, fa’ che si realizzi questa cosa…”. E invece bisogna imparare a ringraziare.
Nel Vangelo si legge: “Beati quelli che hanno fame e sete della Giustizia perché saranno saziati” (Mt 5,6). Tu hai sempre dimostrato una grande fiducia nella giustizia. Che valore ha per te questo concetto?
Nel mio caso la giustizia è un riconoscimento dei sacrifici e del fatto di aver creduto ogni giorno di potercela fare. La giustizia che penso di avere ricevuto è quella di essere stata ripagata dei miei sacrifici e del mio impegno di non mollare mai. Credo che la giustizia aiuta a coltivare anche la serenità e dà una forza in più per andare avanti e continuare.
C’è qualcos’altro che vorresti aggiungere prima di salutarci?
Vorrei invitare le persone a riscoprire la gentilezza, un valore che tutti sottovalutano un po’ troppo e che invece può essere molto curativo.
A cura di Roberto Mazzoli
(L’INTERVISTA INTEGRALE SUL NUOVO AMICO DEL 22 GIUGNO 2014)