
Le prime due letture sono ripetute ogni anno e costituiscono la chiave di lettura e la pagina introduttoria della passione stessa. Il terzo carme del Servo di Jahweh (Is 50,4-7) è la presentazione misteriosa e profetica di un personaggio salvatore. Egli però non salva trionfando e giudicando (metodo regale messianico) ma soffrendo e donandosi agli altri. Percosso, aggredito con sputi e strappo della barba, egli accetta liberamente le conseguenze del suo ministero. Nell’inno cristologico (Fil 2,6-11) il servo che si abbandona alla morte di croce, cioè alla spoliazione e donazione di sé, è colui che riceve “un nome al di sopra di ogni altro nome”, cioè svela la sua autentica realtà di salvatore.
Con questa prospettiva la liturgia di oggi ci apre “il tesoro della passione di nostro Signore a cui tutti sono chiamati per alementarsi e salvarsi”(Imitazione di Cristo). Il testo Lucano (Lc 22,14-23,56) è impostato secondo un’ottica sostanzialmente personale-parenetica: infatti, spuntano nel succedersi degli eventi le continue reazioni tra il discepolo che assiste e il Cristo sofferente. Seguendo Gesù nella passione, il discepolo è invitato ad un’adesione personale ed esistenziale. Al vertice dell’itinerario di Gesù nella città santa la narrazione di Luca si rivela profondamente come “vangelo del discepolo”. Simone di Cirene e le donne non sono, infatti, spettatori o testimoni neutri, ma come tipi della sequela di Gesù anche nell’stante ultimo e decisivo. Al discepolo che lo contempla, Gesù sulla croce offre anche l’esempio del perdono dei peccatori e delle offese. Morendo, Gesù offre, secondo Luca, l’esempio del perfetto abbandono tra le mani di Dio.
Meditatio
E’ uno spettacolo. Sì, lo spettacolo dell’amore. Quello vero. Quello che lascia senza fiato. L’unico per il quale si può morire. O morirne. E’ lo spettacolo della passione, quella di Gesù per me, per te. Sì, caro amico, Gesù è appassionato di te. Tu sei la Sua passione. E’ lo spettacolo del Figlio di Dio che svela nella sua nudità crocifissa il vero Volto di Dio. Nessun effetto speciale, nessuna flotta di angeli soccorritori, nessuna controfigura. Lui nudo, straziato, scarnificato, è la trascrizione più vera del Volto di Dio. Quell’uomo appeso alla Croce, abbandonato e tradito è il nostro Dio. Prima di andare avanti, mi chiedo e ti chiedo, se davvero lo vogliamo un Dio così. Un Dio senza bacchetta magica, che si china sui piedi zozzi dei suoi discepoli e li lava con cura, un Dio che consegna la sua memoria nel fragile gesto del pane spezzato, che non toglie il dolore ma lo condivide, che non ci salva dalla morte ma nella morte, che perdona e persino giustifica i suoi assassini, che muore abbandonato da tutti i suoi amici, che nella solitudine più totale e straziante non maledice ma consegna il suo spirito al Padre. Sicuri, cari amici? Lo vogliamo davvero un Dio così? (Roberto Seregni) Ma l’Amore non può stare a marcire in un sepolcro. L’Amore, quello di Gesù, lo farà esplodere. E sarà Pasqua.
+ Armando Trasarti Vescovo di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola