C’è un fenomeno nuovo e vecchio allo stesso tempo, con cui dobbiamo fare i conti: la dipendenza dal gioco. E’ nuovo per la sua grande diffusione di questi ultimi tempi, e per i tanti giovani che coinvolge, è vecchio allo stesso tempo perché certamente conosciuto da molti anni, sia come patologia clinica, sia come fenomeno sociale. Ma perché oggi rischia di diventare una delle nuove emergenze sociali, e perché la platea delle persone coinvolte si è ampliata così tanto in questi ultimissimi anni? Su questi interrogativi propongo alcune riflessioni ed anche alcune possibili linee di azione.
Bisogna considerare innanzitutto che sono aumentati gli strumenti: dalle slot machines, sempre più sofisticate e invitanti presenti in tanti locali pubblici, si è arrivati alle tante nuove agenzie di scommesse, anche a Fano e Pesaro ne sono state aperte di nuove in questo ultimo anno, che scommettono non solo sui cavalli ma anche su tante altre competizioni sportive e non, fino ai numerosi siti informatici di gioco on line lanciati in Italia da appena un anno: il 18 luglio del 2011.
E come se questi tre “canali” non bastassero si sono moltiplicate anche le lotterie statali ed i numerosi “gratta e vinci” con cui lo Stato pensa di risanare i conti pubblici!.
Innanzitutto diciamo, proprio a partire da questo ultimo dato, che è letteralmente assurdo che lo Stato “inganni” e procuri “danni e patologie mediche” ai suoi cittadini. Sì, perché molte lotterie o gratta e vinci hanno pubblicità ingannevoli rispetto alle possibilità di vincita, e perché non ci sono serie “prevenzioni” verso l’accessibilità dei giochi riguardo all’età, ossia verso i minorenni, o riguardo a persone già “affette” dalla patologia del gioco.
Ma c’è di più, è lo stesso Stato, tramite i Monopoli (Aams) a gestire un sito di “videopoker” on line in cui si può puntare fino a 1.000 euro!
I numeri del fenomeno oggi sono: “dei 15 milioni di persone che in Italia pratica le varie forme di gioco d’azzardo, sono tre milioni quelli a rischio patologico” questo è quanto affermato di recente dal Ministro della Salute, Renato Balduzzi. In Italia, ci sono 400.000 apparecchi automatici (slot machine, video poker e non solo) e 14.000 agenzie di raccolta delle scommesse, mentre si stima che nel 2012 i sistemi on-line di gioco d’azzardo (quindi anche quelli nelle proprie case) consumeranno oltre 20 miliardi di euro. Questi dati da soli dicono perché il fenomeno può essere considerato una nuova emergenza sociale
Un servizio giornalistico apparso su “Avvenire” del 19 luglio riportava con chiarezza, citando fonti mediche specializzate, i rischi che comporta il gioco d’azzardo: si sfruttano alcune mancanze affettive e il “vuoto sociale” dei giocatori. Nei soggetti più fragili, e in presenza di altri fattori, questo isolamento può trasformarsi in dipendenza: diventa un comportamento persistente, ricorrente, che compromette le attività personali, familiari e lavorative. Il giocatore patologico è una persona che ha perso il controllo sulla sua attività da gioco, quindi gioca sempre più denaro, gioca sempre più a lungo, e gioca sempre più spesso, anche se non se lo può permettere.
Ci sono persone che hanno rovinato la propria famiglia, pensionati che si giocano tutta la pensione, giovani che hanno perso ogni capacità relazionale con i propri simili, ecc.
Alcuni Sindaci di importanti città, vedi Pisa e Vicenza, hanno già alzato la loro voce su questo preoccupante nuovo fenomeno sociale, ma ancora non è sufficiente. Occorre che si levino altre voci, che l’opinione pubblica si scuota, che la politica si occupi di questo fenomeno per dettare regole più stringenti: innanzitutto salvaguardando i nostri giovani da questa nuova patologia facendo chiudere gli esercenti che li fanno giocare, limitare il ruolo dello Stato in questo settore, e mettere una tassa a tutti coloro che sono autorizzati a farne un business, destinata a “curare” quelli che saranno riconosciuti affetti da questa nuova patologia.
Ma è sempre comunque la “cittadinanza attiva” che – come nei confronti delle droghe – deve vigilare affinchè per i guadagni di pochi – anche se legali – si rovinino giovani e famiglie con un costo sociale, oltre che umano, che saremo costretti a pagare tutti quanti insieme, nessuno escluso.
Gabriele Darpetti
Referente provinciale UDC rapporti con l’associazionismo cattolico ed il terzo settore