Il presidente della provincia organizza “il Festival della Felicità”, quest’anno tuttavia ha deciso di legare la felicità con il tema della eutanasia, ove guada caso la fa da padrone il solito signor Englaro. L’ennesima lezione in tema di disabili gravi, quelli che un tempo venivano definiti dal popolo “infelici” e che per certi versi risultano scomodi per la società soprattutto quelli che si trovano in uno stato terminale di una malattia o in uno stato vegetativo.
Questa kermesse avrebbe dovuto, come accade in democrazia, portare sul palco almeno una storia di coloro che inneggiano alla vita e non ricorrono la morte tutti i costi. È forse scomodo affermare o sostenere che anche nella sofferenza si può essere felici? Il sottoscritto comunque ci sarà, e spero che gli sia concessa la parola.
Ma veniamo al punto: un malato terminale di SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), respira con una macchina, un tubo nell’esofago che spinge aria nei polmoni, Eluana respirava da sola;
un malato terminale di SLA si nutre con la PEG che è un tubo infisso nello stomaco, Eluana era nutrita con un sondino naso gastrico, molto meno invasivo; un malato di SLA chiede di vivere o morire e lo esprime con gli occhi attraverso un sintetizzatore vocale, Eluana era nell’impossibilità di farlo.
Eluana, pur nel suo stato vegetativo, era in vita, ma non in grado di esprimere la volontà di vivere o morire. Ciò che mi indigna è che il padre, ha voluto spettacolarizzare il suo dramma.
Luca Coscioni, presidente dei Radicali decise di non tracheostomizzarsi e di morire con dignità al di fuori dei riflettori, senza ricorrere ad un giudice. Fu lui a decidere, nessun altro per lui. Eluana non aveva potuto esprimersi.
Posso testimoniare che anch’io, al momento della diagnosi, pensavo la stessa cosa, ma ora che dipendo in tutto e per tutto dagli altri, mi è venuta una voglia di vivere e combattere che non ho mai avuto prima, che non può essere compresa da chi non vive in prima persona una tale condizione di vita.
Ora il mio scopo è quello di aiutare gli altri a combattere per non farsi sconfiggere dalla malattia. Ci sono alcune malattie come la SLA che ti imprigionano nel tuo stesso corpo, ma si riesce ugualmente ad essere felici.
Caro presidente Ricci voce e riconoscimento la dia a quelle migliaia di familiari e volontari che ogni giorno in Italia accudiscono i malati terminali garantendo loro una vita dignitosa, non la morte.
dott. Maggioli Marco – delegato AISLA Marche