Virgili Daria, Virgili Virgilio e le figlie Gianna (in Carnali) e Mercedes (in Faraoni). Un’intera famiglia di Secchiano di Cagli i cui nomi sono incisi dal 1992 al museo della Shoah di Gerusalemme (Yad Vashem). Sono circa 500 gli italiani riconosciuti “Giusti tra le Nazioni”, ovvero persone che, a rischio della propria vita, non hanno esitato a proteggere gli ebrei dalle persecuzioni razziali durante la Seconda Guerra Mondiale. Sul numero del Nuovo Amico della scorsa domenica, in occasione della Giornata della Memoria, la signora Mercedes ha raccontato quei fatti riportando alla luce una pagina di storia inedita.
A seguire proponiamo un’intervista esclusiva alla signora Charlotte che, all’epoca dei fatti narrati aveva soli cinque anni, e che insieme a sua madre e suo padre riuscì a scampare alle deportazioni naziste.
Signora Charlotte, lei e i suoi genitori siete di origine polacca ed ebrei osservanti. Come avete vissuto nel cuore della Germania nazista e come siete arrivati in Italia?
Fuggimmo dalla Germania dopo la Notte di Cristalli. Era il 9 novembre 1938 quando vennero distrutte quasi tutte le Sinagoghe e i negozi ebrei in tutto il Terzo Reich. In quell’occasione circa 30.000 ebrei furono deportati nei campi di concentramento. Mio padre Wolf e mia madre Esther Fullenbaum (che aveva già sofferto tanto ed era stata in carcere), fuggirono a Milano dove, dopo 10 giorni, nacqui io. Mio padre conosceva già l’Italia poichè, da commerciante, viaggiava spesso. Mia madre che riuscì a passare il confine italiano con l’aiuto di un nipote della Svizzera. E proprio a Milano altri della sua famiglia erano fuggiti dalla Germania. Ad esempio la sorella di mia madre con la sua famiglia che riuscì a lasciare l’Italia rifugiandosi in Svizzera poco dopo la mia nascita.
Come mai siete giunti a proprio a Secchiano di Cagli?
Con l’aiuto dei partigiani. Abbiamo vissuto sempre nascosti cambiando spesso località. A Secchiano infine ci ha portati il signor Samuele Panichi un amico di Virgilio Virgili, il padre di Gianna e Mercedes.
Dopo la guerra siete andati subito in America?
No. Prima siamo stati trasferiti in un campo profughi a Cinecittà a Roma. Poi abbiamo incontrato Desolina e Memmo Paruccini ci hanno ospitato nella loro casa per un tempo, finchè i miei genitori sono riusciti a sistemarsi. I Paruccini erano buonissime persone e ci hanno aiutato sempre malgrado le loro risorse limitate. Rimanemmo in Italia fino all’anno 1950 quando, in dicembre, emigrammo in America. I miei genitori amavano tanto gli italiani e non avrebbero voluto lasciare l’Italia. Tuttavia non c’era alcuna possibilità di lavoro per mio padre. Questo è stato l’unico motivo che ci ha spinto a partire all’America.
Che ricordi ha del periodo trascorso a Secchiano?
Ricordo Secchiano sempre con tanto affetto. La gente era bravissima e noi siamo sempre stati trattati benissimo. Ho un ricordo particolare di Virgilio Virgili che ci portava sulla sua carrozza e a cavallo. Poi ci portava della legna per riscaldarci nella scuola del paese dove eravamo nascosti. Ricordo ancora il freddo dell’inverno e la paura costante dei nazisti. Però va detto che anche gli italiani correvano lo stesso pericolo, in particolare i cittadini di Secchiano che hanno rischiato tutto per aiutarci a sopravvivere durante quel periodo così difficile.
Tra le altre cose mi tornano alla mente gli aeroplani che volavano sopra Secchiano e che buttavano giù fogli per avvertire la gente a non aiutare ebrei e partigiani. Io stavo sempre con la mia amica più buona, Mercedes Virgili. Un giorno eravamo in chiesa un giorno quando qualcuno ci iniziò a gridare: “scappate, scappate, vengono, vengono”. Tutti lasciarono la chiesa e iniziarono a correre in varie direzioni. Quando arrivai a casa mia trovai la porta aperta senza nessuno dentro. Pensai che i tedeschi avessero ucciso mia madre. Invece i secchianesi avevano studiato un piano per ingannare i tedeschi e non far cadere in trappola la mia famiglia. Avevano stabilito che, qualora i soldati fossero entrati in paese, i miei genitori sarebbero dovuti andare nei campi per lavorare la terra come tutti gli altri. Mio padre e mia madre però dovevano rimanere in silenzio perché non parlavano bene l’italiano e i nazisti avrebbero scoperto il trucco immediatamente. Avevamo una costante paura di essere arrestati e deportati anche perché sapevamo dei lager.
La vostra testimonianza rappresenta oggi un’eredità importante per i giovani. Cosa si sente di dire ai ragazzi del 2013 che vedono i fatti di 70 anni fa spesso così lontani da loro?
Purtroppo, si dimentica la storia troppo presto. Se la gente rimarrà indifferente alle tante cose che accadono in tutto il mondo, allora gli orrori continueranno. È per la bontà ed il coraggio della gente di Secchiano, e di tanti altri italiani che noi, e molti altri come noi, possono continuare a vivere la vita. Oggi abbiamo figli, nipoti, e molti altri in famiglia che fanno del bene in giro per il mondo. Vorrei concludere con le parole dell’autore del libro “It Happened in Italy” (È accaduto in Italia) scritto dalla mia amica, Elizabeth Bettina: “If you are not indifferent, you can make a difference” (Se non siete indifferenti, potete fare una differenza).
A cura di Roberto Mazzoli
2 commenti
Signora Charlotte, le chiedo scusa se la disturbo ma mio padre che e’ deceduto nel 2001 mi ha parlato spesso di suo padre Wolf, quando e’ stato a Secchiano
Signora Charlotte mi scusi se la disturbo mio padre quando ero piu’ piccolo mi ha raccontato tante volte di suo padre Wolf rifugiato a Secchiano diceva sempre che era una brava persona ed erano sempre insieme. Signora la saluto affettuosamente e tante belle cose.